L'editoriale

Il doppio no impegna la politica a fare di più

L’accoppiata non c’è stata: il sì alla 13. AVS è stato un voto storico, ma non l’inizio di un nuovo ciclo nella politica sociale
Giovanni Galli
09.06.2024 20:45

L’accoppiata non c’è stata. Il sì alla 13. AVS è stato un voto storico, ma non l’inizio di un nuovo ciclo nella politica sociale. Partita nei sondaggi col vento in poppa, l’iniziativa del PS per limitare i premi di cassa malati al 10% del reddito disponibile è uscita malconcia dalle urne. Più di un politologo ha già parlato di «ritorno alla normalità» e di un Paese di nuovo preoccupato per i costi delle sue scelte. La bocciatura è netta e dopo anni ripropone il vallo del Röstigraben. Hanno detto sì i Cantoni in cui i premi sono più alti (Romandia, Basilea Città e Ticino) e che avrebbero avuto i maggiori benefici, e no la Svizzera tedesca, in particolare quei Cantoni per i quali verosimilmente l’operazione si sarebbe chiusa con un saldo negativo, fra aumenti d’imposte e contributi alla riduzione dei premi. Entrambe le proposte, anche quella sul freno ai costi, toccavano corde sensibili ma presentavano grosse controindicazioni. Popolo e Cantoni hanno preferito respingerle senza appello piuttosto che usarle come segnali – non sarebbe stata la prima volta – per indurre la politica a trovare soluzioni diverse da quelle oggi sul tappeto. Invece, e questo è significativo, si è voluto evitare l’incognita di un’applicazione morbida. L’iniziativa del Centro non indicava misure concrete per il contenimento dei costi ed era associata al rischio di razionamento delle cure e di medicina a due velocità. Quella del PS avrebbe prodotto una fattura miliardaria e trasferito il grosso degli oneri sulle spalle della Confederazione, che per mantenere in equilibrio il suo bilancio sarebbe stata costretta ad aumentare la pressione fiscale; avrebbe tolto qualsiasi incentivo personale e di categoria a combattere il vero problema, la crescita continua dei costi; e avrebbe prodotto distorsioni nella ripartizione degli oneri, favorendo certi Cantoni a scapito di altri, e una distribuzione disomogenea dei sussidi. La maggioranza dei Cantoni ha fiutato la malparata, convinta che non sia nel suo interesse gravare eccessivamente sulla Confederazione, col rischio che poi questa si rifaccia sui Cantoni stessi. C’erano anche due differenze di partenza rispetto alla 13. AVS. In questo caso, la cerchia dei beneficiari era chiaramente definita. Per il tetto ai premi, invece, tutto dipendeva dall’applicazione dell’iniziativa: l’adozione di parametri più restrittivi a livello di premi di riferimento e di reddito disponibile avrebbe permesso di contenere le spese ma avrebbe anche ridotto benefici e beneficiari. In secondo luogo, a differenza del voto di marzo, stavolta il Parlamento ha opposto due controprogetti, uno che per ora chiama alla cassa solo certi Cantoni (non il Ticino), e l’altro che, pur fissando obiettivi non vincolanti per il contenimento dei costi, consente di mantenere sotto pressione il sistema sanitario e la politica.

Il fatto che le due iniziative sanitarie proponessero soluzioni sbagliate e siano state nettamente respinte non significa affatto che i problemi siano spariti e che il pericolo di soluzioni radicali sia scampato. È l’esatto contrario. La classe politica e gli attori del sistema sanitario devono continuare a impegnarsi a fondo nelle riforme, pena una pesante sanzione alle urne alla prossima occasione. I costi continueranno a crescere, e con essi i premi – più rapidamente dei salari – a causa dell’invecchiamento della popolazione, dei progressi della medicina e dell’alto consumo di prestazioni. Serve un’azione continua e incisiva contro i falsi incentivi, le disfunzioni, i doppioni e gli sprechi che ancora affliggono la Sanità. In concreto, questo significa che bisognerà intervenire su vari fronti: accelerare l’introduzione del nuovo tariffario medico Tardoc, prevedere pianificazioni ospedaliere regionali (oltre San Gottardo la situazione finanziaria di alcuni istituti è difficilissima), introdurre il finanziamento uniforme delle prestazioni ospedaliere e ambulatoriali (si dovrebbe votare il prossimo autunno), intervenire sui prezzi dei farmaci, rivedere il catalogo delle prestazioni e attuare nuove soluzioni di cure integrate accompagnate da modelli assicurativi innovativi.

Il voto è stato chiaro, ma siccome il sistema è lento a cambiare (anche a causa di grossi interessi contrapposti) e le riforme sono semibloccate, adesso bisognerà produrre risultati. La democrazia diretta può sempre mettere la politica sotto pressione. Pur sconfitto, il Partito socialista ha già detto che intende tornare alla carica. La prossima battaglia è dietro l’angolo. La soluzione della cassa malati unica, già respinta in votazione popolare nel 2007 (71% di no) e nel 2014 (62%), la prossima volta potrebbe trovare più consensi. L’esempio della 13. AVS dovrebbe fungere da monito.

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