Il Mendrisiotto e le sue questioni di terra
Difesa ma allo stesso tempo bistrattata. Osannata, vissuta, ma anche rubata. Da rivalorizzare come pure da preservare. È la terra del Mendrisiotto, alla quale siamo tutti legati: un legame che esprimiamo con mille visioni. Terra di confine, di passaggio, di transito: ne sappiamo qualcosa volgendo lo sguardo all’autostrada. Nell’anno appena conclusosi quella lingua d’asfalto della A2 ha tenuto ancora largamente banco. PoLuMe sì o PoLuMe no? Davvero la terza corsia dinamica tra Mendrisio e Lugano riuscirà ad alleviare la terra calpestata del Mendrisiotto dal traffico? Pubblicamente, a suon di opinioni e prese di posizione, prevale lo scetticismo: PoLuMe non avrà un grande effetto. Si invoca, piuttosto, il potenziamento del trasporto pubblico. Ma anche in questo caso il discorso è tutt’altro che semplice. È davvero possibile potenziare il tratto ferroviario, incastonato tra il lago, i centri abitati e, appunto, l’autostrada? Dalle lande bernesi, poi, per diverso tempo è chiaro il segnale che non ci fosse gran voglia di arricchire il terreno – una piccola spruzzata di fertilizzante pro trasporto pubblico – con il ripristino di (almeno) una fermata per i treni Intercity. Questo fino alla spinta della deputazione ticinese – trainata da un consigliere nazionale chiassese, Giorgio Fonio (e prima ancora da uno di Mendrisio, Marco Romano) – che ha portato il Consiglio federale a ritenere il prolungamento dei treni Intercity verso il Mendrisiotto «tecnicamente possibile fino alla stazione di Chiasso». Possibile, ma per nulla scontato. E, probabilmente, il tempo perso nel derby interno – «la stazione meglio a Mendrisio o a Chiasso?» – non ha giovato. La «riserva momò», inoltre, non vuole più essere terra di bisonti: si farà di tutto per evitare che possa essere realizzata una corsia dei Tir a ridosso della dogana di Chiasso-Brogeda. Sei Comuni sono pronti a fare muro. Qualcosa, però, ne siamo tutti coscienti e soprattutto in nome della sicurezza, va fatto: non è un bel biglietto da visita vedere settimanalmente un serpentone di veicoli pesanti che si accodano lungo la corsia d’emergenza – perché tale è, malgrado qualche accorgimento – mentre le auto o i torpedoni sfrecciano anche a pochi centimetri. E non è nemmeno pensabile che la panacea di tutti i mali possa essere un centro realizzato molto più a nord. Nel Mendrisiotto più meridionale bisogna inoltre fare i conti con la terra che si sta riscaldando. Fortunatamente non si parla ancora di terra bruciata, ma l’unione delle «terre comunali», l’aggregazione del Basso Mendrisiotto, non sarà un percorso facile. Da qualche settimana stiamo ospitando nelle nostre pagine diverse opinioni pro e contro: prevale a larga maggioranza il «sì» all’unione d’intenti, ma soprattutto da Balerna – chiamata a partecipare ai lavori da una raccolta firme – appare chiaro come la popolazione dovrà essere convinta dalla politica locale – quella che lavora la terra – della bontà del progetto. E, soprattutto, che sia davvero un’aggregazione d’opportunità e non di necessità. Che non si tramuti – con il dovuto rispetto – in una terra dei fuochi dove si potranno sotterrare alcune scorie comunali (leggasi ad esempio difficoltà finanziarie). Sarebbe davvero un peccato arrivare a dire: «Che la terra ti sia lieve».
Nella Mendrisio aggregata ormai da tempo, comunque, la terra è di tutti. Soprattutto quella – che inizialmente si temeva potesse essere inquinata – dove sorgerà lo skate park. Un progetto che vedrà la luce su espressa volontà della popolazione. Un tema che ha tenuto banco per diverso tempo e alla fine c’è chi, tra i contrari al progetto, ha comunque pensato di portarsi a casa un po’ di quella terra per la quale ha combattuto. E, per fortuna, le analisi hanno rassicurato tutti: all’ex macello era tutta terra buona (anche per le piantine di casa). Insomma, qualcuno si è dovuto togliere un po’ di fango dalle scarpe. L’importante è che il fango non lo si porti nell’aula del Consiglio comunale dove, va detto, si intravvedono due schieramenti piuttosto netti. Un po’ di sale nel dibattito politico non guasta. Anzi. Ma che sia franco e trasparente. Quella trasparenza – poi emersa, va riconosciuto – che inizialmente è un po’ mancata ad esempio nell’elezione del giudice di pace: si è parlato di candidati e candidature indipendenti salvo poi correggere il tiro ed esporre la cosiddetta bandiera. La sabbia negli occhi non se la merita nessuno. Il Distretto e le realtà comunali, piuttosto, devono guarire definitivamente dalla «sindrome di Calimero» (quell’atteggiamento un po’ vittimistico che porta a vivere ciò che accade in maniera ostile). La terra fertile nella quale seminare e far crescere nuovi progetti – a favore della comunità, sia a livello locale che regionale – al Mendrisiotto non manca.