Il Natale tra eccessi, riflessione e povertà
Quello che ci apprestiamo a vivere è nuovamente un Natale di guerra, anzi di guerre. Conflitti che iniziano e che mai hanno fine, perché la guerra paga meglio della pace. Non sarà propriamente natalizio come concetto, ma è la dura e cruda realtà. In attesa della pozione magica in grado di fare cessare distruzione, dolore e morte, ci apprestiamo a vivere il Natale 2024, sostanzialmente non diverso da quello di un anno fa e in linea con quelli precedenti, fatta eccezione per gli anni segnati dalla pandemia. Il Natale è un condensato di emozioni e sensazioni, in grado di generare sentimenti contrastanti. Vale per chi è credente, come pure per chi non lo è. I primi godono senz’altro di una motivazione profonda, la nascita di Gesù. Ma la nascita è universalmente il momento più bello della nostra esistenza. Chi già è in vita affronta e saluta la nuova vita di un bambino con un trasporto di gioia enorme. Mentre chi ha ricevuto la vita in quegli istanti venendo al mondo si renderà conto solo più avanti del dono che gli hanno dato i suoi genitori, in particolare la madre che lo ha portato in grembo per nove mesi. Dalla vita si transita man mano al vissuto, per gradi, passando dai primi natali d’attesa, sbirciando dal buco della serratura la sera del 24 dicembre o la mattina presto del giorno più atteso. Il tutto per scorgere, magari ancora in pigiama e tenendo per mano il peluche preferito che si tiene stretto ogni notte, se sotto l’albero sono arrivati quei doni che hanno segnato l’infanzia di molti bambini fortunati ai quali non è mai mancato nulla a Natale, come pure durante tutti gli altri giorni dell’anno. Un lusso, un privilegio dei quali non sempre ci rendiamo conto perché la «normalità» ci induce a dare tutto per scontato. È un po’ il «difetto di fabbrica» che abbiamo noi fortunati. Non è una colpa, non è una vergogna, ma anche questa è una realtà che va semplicemente e sinceramente riconosciuta e che ci deve spingere ad essere più generosi e più riconoscenti. A Natale, come pure negli altri giorni dell’anno.
Per tanti sarà una volta ancora «diversamente Natale» perché in questo periodo ci sono molte persone che lavorano per garantire i servizi essenziali, come i primi soccorsi, gli ospedali, i trasporti, la polizia, ma la stragrande maggioranza ha il privilegio di potersi fermare. Anche se talvolta non è un esercizio naturale, perché sul finire dell’anno si viaggia a tutta velocità, tutto va terminato, tutto va chiuso, nulla può restare in sospeso o attendere dopo le feste. Una schizofrenia che ci porta ad arrivare alla meta obbligata a tutta velocità e frenare bruscamente per Natale. Il passaggio dal «tutto» al «niente» è di quelli che aumentano la dimensione del vuoto, dello smarrimento. Ma nella vita frenetica vissuta sulle montagne russe e contraddistinta dalla corsa dell’ultimo minuto perché spesso alla vigilia siamo colti dallo stato d’ansia. Perché presi da ingiustificato panico ci diciamo «come faccio a non regalare niente a (…)?». Oppure, nel timore di deludere l’occhio o il palato dei commensali, ci apprestiamo a fare i salti mortali per procacciarci quell’ingrediente o quell’addobbo senza il quale «Natale non è Natale». E così si rischia di frenare giusto a pochi centimetri dalla meta. In queste ore siamo presi da sentimenti che di altruistico hanno davvero poco, perché sono sostanzialmente tesi a soddisfare il nostro piacere e il sentimento di non aver peccato in nulla. Questo, ammettiamolo, è più finalizzato a rifocillare il nostro ego che il bisogno altrui.
Per molti però il Natale è un giorno di difficoltà come gli altri dell’anno. Ad aprirci gli occhi contribuisce l’approfondimento sulla povertà in Ticino che vi proponiamo oggi. Con le voci di chi l’indigenza altrui la tocca quotidianamente con mano e con quella stessa mano si adopera per essere complementare, ma estremamente essenziale, rispetto al servizio e all’aiuto garantito dallo Stato che non può arrivare ovunque e noi tutti dobbiamo essere riconoscenti per quanto fanno le reti di solidarietà sulla spinta della generosa solidarietà. Parole come «è difficile che qualcuno, in Ticino, muoia di fame» ma è invece «molto più facile che muoia di solitudine, di marginalità» ci aprono gli occhi. Non sono frasi di marketing bensì lo specchio fedele della vita che vivono molti in Ticino, più di quanto si possa immaginare. C’è la povertà dell’indigenza cronica, ma anche la povertà di chi vive uno stato di tensione costante e che sfocia nella perenne incertezza di non arrivare alla fine del mese. Uno stato di tensione lancinante, che non permette di vivere serenamente nessun giorno dell’anno, compreso il Natale. È a queste realtà che oggi, alla vigilia del Natale 2024, va il nostro pensiero nella speranza che possa essere un Natale più sereno possibile e che questi uomini, donne, giovani, anziani o mamme sole con figli a carico possano trovare lo slancio o un aiuto concreto per uscire dal tunnel dell’indigenza che rende tutto più cupo.