Il rischio di leggere informazioni incomplete
Una volta all’anno è lecito provocare, se lo si fa a ragion veduta e convinti delle proprie idee: è questo il senso della nostra prima pagina «strappata» - ma diciamo pure illeggibile - di oggi. Naturalmente, forniamo ai lettori subito dopo, a un giro di mano, la versione completa e leggibilissima, ci mancherebbe. Pochi attimi e un solo gesto, un semplice voltar pagina, che vogliono stimolare una riflessione sulla profonda differenza tra leggere le notizie in modo parziale, frammentato, affrettato, senza poterle comprendere davvero, o se vogliamo dirla tutta non leggerle affatto, e trovarsi invece davanti a una intera prima pagina pensata e ben scritta, completa e gerarchizzata, leggibile davvero, capace di parlare alla nostra intelligenza e dialogare con essa, così come le successive di questa edizione e naturalmente, ça va sans dire, di tutte quelle che verranno. Una differenza che è un abisso, e che mai come nel nostro presente va portata alla luce e persino denunciata.
Il senso della campagna abbonamenti al Corriere del Ticino che lanciamo oggi, in modo appunto provocatorio, è tutto qui. «Scegli di sapere» è il nostro slogan per quest’anno, poiché il sapere, il restare informati in modo completo e approfondito è ora più che mai una scelta, un gesto. Che è anche quello, su tutti, di abbonarsi o di rinnovare il proprio abbonamento. Non nascondiamoci dietro un dito: fare informazione in modo serio - sul cartaceo, certo, ma anche sul digitale, con il nostro portale cdt.ch tra l’altro appena premiato per la sua qualità nello studio dell’Università di Zurigo - ha un costo, così come lo ha, dal lato del lettore, il tenersi informato in modo affidabile, coerente e completo. Chi pensa, organizza e manda in stampa un giornale ha sempre la tentazione di andare al risparmio, soprattutto in un momento difficile come l’attuale, e di confezionare una testata procedendo con il motore al minimo dei giri. Così come una simile tentazione la subisce chi vuole informarsi per la propria vita di tutti i giorni, per il proprio lavoro e per progettare il proprio futuro o anche solo il proprio presente: non di rado si pensa che per tutto questo basti soltanto navigare in Rete. Ovviamente, non è così.
Cedere a queste tentazioni, l’una o l’altra, è un gioco a somma zero. Nessuno, né un giornale né i suoi lettori, ne può uscire vincente. I social network, così come le testate gratuite o semigratuite, cartacee o digitali, approfittano a man bassa di questa situazione di crisi, proponendo un modello di giornalismo nel migliore dei casi traballante e che somiglia quasi sempre, purtroppo, alla nostra prima pagina illeggibile di oggi. Sottoponiamo al lettore l’ardua decisione. L’informazione gratuita, va da sé, non esiste. In ultima analisi, a rimetterci è sempre chi ne usufruisce, con danni collaterali anche ai giornali seri che hanno, comprensibilmente, dei costi da sostenere e problemi sempre più pressanti da affrontare. L’elenco è lungo. Ne abbiamo parlato anche su queste colonne: dalla pubblicità in calo fino ai «disservizi» della Posta, che in quanto servizio pubblico dovrebbe avere un occhio di riguardo per tutte le pubblicazioni di tipo giornalistico, da cui dipende direttamente e indirettamente la democrazia svizzera così come la conosciamo.
Scegliere un’informazione superficiale può sembrare in un primo momento una decisione conveniente, ma a lungo andare se ne subiscono i contraccolpi. Soprattutto in un cantone come il nostro, in una realtà sociale complessa, di cui i social o l’informazione gratuita possono dare forse «il gusto» ma non certo «la sostanza» e quel racconto stratificato e omogeneo che, giorno per giorno, è necessario per capire e vivere, studiare e lavorare in un territorio.