L'editoriale

Il vittimismo, l'ennesima incoerenza della Lega

Dalla figura del coordinatore ripescata alle idee confuse, passando per i «litigi istituzionali»
Gianni Righinetti
10.07.2024 06:00

La Lega 3.0 esiste solo nella fantasia di chi sogna un radicale cambiamento in senso maggiormente democratico di quello che è stato il movimento che negli anni Novanta ha dato la scossa a una politica autoreferenziale e contraddistinta dal tavolo di sasso. Con i soliti noti a spartirsi le cosiddette prebende cantonali. Da oltre dieci anni la Lega del conducator Giuliano Bignasca non c’è più e ogni tentativo di reinventarla è finito in un vicolo cieco, quando non a spintoni istituzionali. Perché anche i leghisti se le danno di santa ragione, ma sono abilissimi nel non fare trapelare dissidi e tensioni. Mentre appena altri inciampano, non perdono tempo a metterli alla gogna sul settimanale domenicale che, ci hanno ripetuto fino alla noia, «non è la Lega». Ma fa (o faceva?) tanto comodo. Per dirla nel gergo di Via Monte Boglia, siamo al «triplo uella». E se vi pare, aggiungeteci pure «bambela». Il gergo in realtà oggi si è fatto più accomodante e ridondante, non di certo politically correct, ma un filo meno aggressivo perché la Lega e i leghisti non si possono più permettere di essere sferzanti con chi sta al potere facendo le verginelle, dato che quel potere è (anche) saldamente nelle loro mani. Cosa che, lo vediamo day by day, ai leghisti dei giorni nostri non spiace per nulla. Ma oggi i problemi non sono tanto legati ai massimi sistemi, quanto al microcosmo di chi regge le sorti di quello che è a tutti gli effetti un partito, fatta eccezione per le strutture che lo compongono. Le idee sulla rotta da seguire sono confuse, al punto che i cosiddetti «nuovi statuti», approvati solo qualche mese fa, hanno dovuto essere modificati nel corso dell’ultima assemblea, inserendo di fatto la figura del coordinatore. Ciò che era uscito dalla porta perché si voleva una conduzione tra «primus inter pares», ora è stato fatto rientrare dalla finestra nel corso di un’assemblea rigorosamente a «porte chiuse». Anche questa scelta (legittima, per carità!), la dice lunga sul livello di democrazia e trasparenza che è uso mettere in atto da parte del partito che in Gran Consiglio conta sempre meno (otto seggi persi in due tornate elettorali), ma che dal 2011 detiene la maggioranza relativa in Consiglio di Stato.

Quella che abbiamo di fronte è una Lega che non smette di stupire, anche nell’incapacità di fare passi in avanti, mentre l’UDC le soffia sul collo e alle cantonali del 2027 ambisce pure a fare proprio uno dei due seggi in Governo. Incapacità che fa rima con l’assurda decisione dell’assemblea di confermare quale coordinatore ad interim il consigliere di Stato Norman Gobbi. E lo stesso Gobbi che non ha fatto nulla per lasciare la scomoda carica che, di fatto, pubblicamente non esercita, dato che al fronte vengono sempre mandati i vicecoordinatori (anche loro dotati di uno statuto provvisorio). Ma si sa, come sentenziano i francesi «il n’y a que le provisoire qui dure». Gobbi ha dichiarato «urbi et orbi» di restare (fino a fine anno?) «per il bene della Lega» aggiungendo la nota dichiarazione d’amore eterno per chi lo ha lanciato e spinto fin lassù dove si trova ora. «Porterò il gerlo, tirerò il carro» anche perché «i colpi ricevuti non hanno facilitato la ricerca. Anche se la corazza è solida, qualche ammaccatura resta» ha aggiunto, mentre i suoi vice si sono inventati la storiella secondo cui quelli che sono considerati attacchi d’ordine politico sono dovuti al fatto che il consigliere di Stato Gobbi è diventato coordinatore leghista. Vien da dire che la fantasia umana non conosce confini. Ma osiamo spingerci oltre, perché l’atteggiamento che sta emergendo dal vertice leghista lascia davvero allibiti e senza parole. È infatti vero e proprio vittimismo, questo sì 3.0, da parte di chi non si è mai fatto alcuno scrupolo e si è pure divertito a sbeffeggiare mezzo e più Ticino tirando in ballo politici avversari e generando malessere nei confronti dei familiari, talvolta anche degli ignari figli minorenni che avranno chiesto «papà, mamma, perché?».

Il vittimismo strisciante è forse l’ultima frontiera delle tante contraddizioni e dell’incoerenza interpretate con fare scenografico dalla Lega. Ne avremmo fatto volentieri a meno.