L'editoriale

Intelligenza artificiale e giornalismo naturale

IA: editori e giornalisti si interrogano: dove ci porterà questa tecnologia?
Paride Pelli
28.03.2025 06:00

Complici i passi avanti compiuti dalla tecnologia negli ultimi due anni e alcuni esperimenti che diverse testate nel mondo stanno conducendo, si è tornati a parlare con un certo entusiasmo di Intelligenza Artificiale applicata al giornalismo. I toni della discussione, a questo giro, sono possibilisti. L’IA generativa si è sviluppata a tal punto che è possibile confezionare con una qualità bassa ma accettabile diverse pagine di un giornale o di una rivista su carta, per tacere di tutto quello che può essere pubblicato quasi automaticamente, dopo una rapida revisione redazionale, sui portali web di informazione. Per fare questo, è sufficiente che i giornalisti, specializzati per mestiere nel fare domande, imparino a fare «quelle giuste» anche all’Intelligenza Artificiale, la quale, in men che non si dica, sfornerà un articolo corredato di titoli, sottotitoli, fotografie e didascalie. Addirittura si può già chiedere all’IA di scrivere o riscrivere l’articolo in un determinato stile o di rispondere alle lettere dei lettori usando un pizzico di ironia (artificiale anche questa, ça va sans dire). Il tasso di errori registrato negli esperimenti compiuti finora è basso. I prodotti finali, come dicevamo, sono passabili ma spesso noiosi. Il riscontro da parte dei lettori, ad oggi, non è stato sondato a dovere, giusto per capire quanto questa modalità di fare giornalismo generi disaffezione. Resta il fatto che l’AI è entrata nelle redazioni ed è lì per restare.

Editori e giornalisti si interrogano: dove ci porterà questa tecnologia? C’è chi risponde prevedendo tagli su tagli di posti di lavoro, c’è chi sostiene, invece, che i giornalisti rimarranno indispensabili non solo per far funzionare la macchina, ma per ottenere alla fine un prodotto originale, ben pensato e organizzato, meritevole del prezzo che si paga per leggerlo. Nel primo caso, l’AI verrebbe utilizzata in modo passivo, per mere esigenze di diminuzione dei costi, nel secondo caso in modo attivo, come concreto aiuto al lavoro giornalistico.

La risposta è aperta. Qui ci limiteremo a fare alcune osservazioni. Innanzitutto, l’uso dell’AI è legato al genere di giornalismo che si vuole fare. È risaputo che l’Intelligenza Artificiale si nutre di tutto ciò che trova sui media digitali in generale, in primis di articoli pubblicati sui siti di informazione (e già qui ci sarebbe un problema di concorrenza leale), poi di enciclopedie on line, pdf di ogni genere, papers scientifici e quant’altro. Esiste, dunque, un oggettivo problema delle fonti: per quanto possa combinare le informazioni in modo intelligente, l’AI si nutre del già noto e non di rado obbedisce ad algoritmi capaci, anche, di censura. In altre parole, da essa difficilmente potrà arrivare uno scoop, quella cosa che tutti i giornali cercano per guadagnare lettori. Il raggiungimento di uno scoop, infatti, ha un lato umano inderogabile, fatto di relazioni coltivate, confidenze, indagini. Quando vedremo una AI protagonista di un’impresa nello stile di Tutti gli uomini del presidente, ci ricrederemo. Prima no. Lo stesso vale per l’analisi e gli scenari geopolitici: all’AI manca l’intuizione, anche se spesso finge bene il contrario.

C’è poi il caso del giornalismo locale, altro settore dove i rapporti personali e le suole delle scarpe consumate contano più di tutto. Venisse affidato alla tecnologia, quest’ultima si ciberebbe di comunicati stampa presi dai siti istituzionali e si limiterebbe ad aggiungere qualche osservazione. Il livello di superficialità di un simile giornalismo sarebbe pericoloso, non solo per la democrazia, ma anche per la semplice completezza dell’informazione. La vita di un territorio va raccontata in toni caldi, non freddi, poiché un giornale è anche e soprattutto la propria comunità di lettori. Questi ultimi, poi, sono affezionati molto alle firme, che non si riducono certo allo stile (a tratti, appunto, riproducibile dall’AI). Un commentatore, un bravo cronista o un inviato speciale «al fronte» sono capaci di raccontare la realtà che stanno vivendo sul momento in tutta la sua complessità umana, emotiva e politica. L’Intelligenza Artificiale, per il momento restituisce solo l’ombra dei fatti.

Da ultimo, osserviamo che sempre più spesso, tra i giornalisti, c’è l’involontaria, quasi obbligata tendenza a impegnare tempo ed energie più per i colossi informatici globali – che si fanno pagare per i propri servizi – che per la propria testata. Come con internet, che tanto bene e tanto male ha fatto al giornalismo, anche con l’AI si ripropone il dilemma: tutta questa innovazione sarà infine compatibile con il piacere del lettore di leggere notizie raccontate con calore e completezza, dopo una accurata verifica dei fatti? L’intelligenza naturale ha già la sua risposta.