L'editoriale

La BCE rimanda la decisione sul taglio dei tassi a settembre

I tassi guida per la zona euro rimangono a livelli elevati: 3,75% sui depositi; 4,25% sui rifinanziamenti e 4,5% sui prestiti marginali - L'inflazione non è ancora sotto il fatidico 2% l'anno
Generoso Chiaradonna
19.07.2024 06:00

Decideremo di volta in volta in base ai dati. Era questo il punto fermo della politica monetaria della presidente della Banca centrale Christine Lagarde. Ebbene, uno dei dati fondamentali – quello sull’inflazione nell’Eurozona - a giugno su base annua è sceso ancora di una tacchetta, al 2,5%, avvinandosi alla soglia obiettivo del 2% considerato il livello sotto il quale i prezzi sono mossi da una crescita dell’economia sana e non inflazionistica. Considerato con la velocità da bradipo con cui si sviluppa il PIL dell’Eurozona - nullo nel 2023 e al +0,8% stimato per quest’anno -, anche il +2,5% di aumento dell’indice generale dei prezzi è relativamente elevato. Come sempre dipende da come e da dove si guarda il mondo. Se pensiamo che l’Eurozona è formata da venti economie con una situazione dei conti pubblici, di inflazione e di crescita economica molto eterogenea, una sola politica monetaria può risultare anche una componente distorsiva.

Pensiamo alla Germania che ha deficit e debito sotto controllo, ma una dinamica economica a dir poco rallentata: negativa (-0,3% l’anno scorso) e leggermente positiva prevista per quest’anno (+0,2%). L’inflazione è invece al 2,5% sull’anno. Sono gli ultimi dati forniti dal ministero tedesco dell’economia. L’Italia, dal suo canto, ha una finanza pubblica fortemente in deficit e un debito pubblico enorme che sfiora i tremila miliardi di euro, superiore al 141% del PIL. La fiammata inflazionistica invece sembra essersi spenta, se è vero che a giugno, su dodici mesi, l’indice dei prezzi al consumo è rientrato nei ranghi, stando ai dati dell’Istituto nazionale di statistica, al +0,8%, la stessa percentuale stimata per la crescita economica di quest’anno. E si potrebbe andare avanti prendendo spunto dagli altri Paesi dell’area euro. La Banca centrale europea tiene però conto dei dati aggregati e considera l’Eurozona come un’unica economia. Quindi, quando la presidente Cristine Lagarde dice che si atterrà ai dati per decidere la politica monetaria, intende qualcosa che nella realtà macroeconomica non esiste. In Europa non c’è nemmeno un’unica politica economica e fiscale. In ogni caso, la BCE dopo il mini-taglio di 25 punti base ai tassi guida dello scorso giugno si è presa una pausa di riflessione. I dati aggregati, del resto, considerando il punto di vista di Francoforte, non permettevano altre scelte che mantenere fermi i tassi a un livello elevato.

La decisione di un ulteriore allentamento è quindi rimandata a settembre quando dovrebbero essere più chiari gli scenari macroeconomici. Nel frattempo, complice la stagione delle vacanze, i prezzi dei servizi stanno crescendo come pure le spinte per gli aumenti salariali. Il comitato direttivo della BCE non vuole correre il rischio di dover ingranare la retromarcia ristringendo la leva monetaria. Sullo sfondo, a influenzare le scelte europee, c’è anche la situazione politica statunitense che potrebbe vedere il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e con lui un possibile cambio alla guida e di indirizzo della Federal Reserve.