L'editoriale

La calda estate della politica americana

Mentre la realtà, per Biden, appariva già complicata, l’attentato in Pennsylvania ha rilanciato prepotentemente le quotazioni di Trump, vittima e combattente – Ne vedremo delle belle da qui al prossimo 5 novembre
Paride Pelli
18.07.2024 06:00

Ne vedremo delle belle da qui al prossimo 5 novembre, giorno delle presidenziali USA. Nelle ultime ore, Joe Biden ha rotto la brevissima tregua post attentato e ha ricominciato a fare campagna elettorale non direttamente contro Donald Trump (un po’ di delicatezza diplomatica è ancora necessaria) ma puntando l’obiettivo sul suo vice appena nominato, J.D. Vance. È la dura legge della politica americana, nella quale bisogna essere sempre in corsa per la vittoria, giocando d’attacco. Tuttavia la realtà per Biden appare complicata; negli stessi giorni in cui importanti donatori congelavano decine di milioni di dollari essenziali per la sua campagna, i fondi per Trump registravano un boom fino a 400 milioni. È solo un segnale tra tanti, ma forte. L’attentato in Pennsylvania, poi, con le spettacolari immagini che ne sono scaturite, ha rilanciato prepotentemente le quotazioni di Trump, vittima e combattente.

Di contro, sono aumentati i dubbi, già molto presenti, sulle capacità di Biden di reggere la competizione fino a novembre senza ulteriori scivoloni. La situazione attuale rischia di minare durevolmente i democratici, se non la stessa Washington come sede di potere mondiale. La soluzione, ça va sans dire, non è per nulla semplice. Biden (con la sua squadra) ha lavorato bene per quattro anni, risollevando l’economia e affrontando due guerre sanguinose in Ucraina e Israele, ma nonostante questo la sua riconferma per un secondo mandato sta diventando oggettivamente difficile da raggiungere. Non pochi, tra i suoi, hanno già chiesto al presidente in carica di ritirarsi «per inadeguatezza»: un’eventualità forse da ieri meno remota, questa - che rappresenterebbe un danno d’immagine di non poco conto per i dem, costretti tra l’altro a trovare in tempi record un sostituto non solo credibile, ma capace di ripartire da zero senza appoggiarsi troppo all’eredità del suo predecessore. Intanto, però, il già iconico pugno alzato e il grido «Fight!» del «tycoon» a Butler suonano come una sfida che il suo avversario potrà sì raccogliere ma più difficilmente vincere.

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