L'editoriale

La Giustizia responsabile tra fiducia e autonomia

Oggi abbiamo sotto gli occhi un esercizio autenticamente virtuoso che fa ben sperare
Gianni Righinetti
20.12.2024 06:00

Al bando le polemiche, i dissidi e le situazioni conflittuali come quelle che hanno lacerato il Tribunale penale cantonale all’insegna dell’irresponsabilità degli uomini e delle donne attivi al suo interno. Vanno pure messi da parte lamenti e piagnistei espressi troppo spesso con una verve rivendicativa generando tra i poteri dello Stato un dispendio di energie del tutto infruttuoso. Oggi abbiamo sotto gli occhi un esercizio autenticamente virtuoso che fa ben sperare. Spesso abbiamo sottolineato l’inconcludenza del Parlamento dei tempi moderni nel trovare una nuova rotta e una soluzione per le questioni sul tavolo da tempo. In particolare per quanto concerne il risanamento delle finanze cantonali. In attesa di un guizzo su questo fronte, va sottolineato che se ora abbiamo qualcosa di concreto per dare nuovo vigore alla Giustizia di domani, il merito è dei parlamentari, dei membri della Commissione Giustizia e diritti e del suo zoccolo duro che, sotto la regia della deputata del Centro Sabrina Gendotti, l’estate scorsa hanno lavorato con determinazione e profitto consegnando in tempi rapidi (e non con quelli solitamente biblici della politica) un documento di sostanza. Carta che, stiamo parlando di un evento eccezionale, non è finita in un cassetto. Proposte che sono state dibattute in Gran Consiglio in autunno e trasmesse al Governo per avere una risposta entro la fine dell’anno.

Detto, fatto. Nell’ultima seduta prima delle vacanze natalizie l’Esecutivo ha proposto la rotta da seguire e da adesso si entra nella fase operativa. Non sarà tutto immediato o facile, ma quello che conta è che oggi, come mai era accaduto nei tempi moderni, si intravvede qualcosa di concreto, di progettuale e di innovativo. Da tempo si dice che la politica nei suoi orientamenti marcia sul posto, dando l’impressione di amministrare più che progettare con una certa dose di coraggio, lungimiranza e vigore.

Del poker di indirizzi strategici, due sono quelli di maggior peso per fare davvero cambiare rotta. Da una parte la pianificazione logistica dopo che è tramontata in votazione popolare la visione della Cittadella della Giustizia in pieno centro a Lugano, dall’altra il cambio di passo, anche nel rapporto tra Giustizia e Politica con l’introduzione dell’autonomia amministrativa e finanziaria della Magistratura. Il tema della logistica ha fatto scorrere fiumi di inchiostro e ha insegnato che la testardaggine non paga. Ad incaponirsi sulla questione era stato anche il direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi che, da quel no nella schiacciante misura del 59,5% ha dimostrato la capacità e la caparbietà di rialzarsi rilanciando. Ammettere i propri errori in politica è una virtù, e sul tema in esame, compreso il flop della riforma «Giustizia 2018» del ministro leghista 4x4, Gobbi sta dimostrando un’incredibile capacità di riprendere quota anche di fronte a una credibilità pubblica che poteva apparire in caduta libera.

Ora sarà importante trovare per le istanze giudicanti e per quelle inquirenti le soluzioni migliori, dando vita anche a quella trasformazione digitale che non può più attendere e senza la quale ogni genere di modernità appare vacua. Ancor più importante è l’obiettivo che persegue una maggiore autonomia nell’amministrarsi finanziariamente del terzo potere dello Stato. La spinta del Parlamento è accolta positivamente dal Governo, ma non sarà una passeggiata passare dal dire al fare. Prima di stabilire la dotazione dei mezzi, sarà indispensabile aggiustare e coordinare tutto il meccanismo, osservando e prendendo esempio da quanto fanno già altri. Di quelli sul tavolo della politica questo è il cambio di passo più importante, perché comporterà un mutamento dal «si è sempre fatto così» a un «da domani si farà così». Occorreranno pesi e contrappesi, perché togliere alla politica una competenza non è mai operazione semplice, tanto più quando chi la esercita ha anche la facoltà di tenere in mano i cordoni della borsa e può, entro certi limiti, determinare la spesa. Ma, con una spinta d’ottimismo, sposiamo questo cambiamento epocale e per farlo riprendiamo il filo del discorso dalle primissime righe.

Il caso del Tribunale penale cantonale ci ha mostrato una marcata irresponsabilità. Se la base per discutere la bontà o meno dell’autonomia fosse quella realtà che, purtroppo, è stata sbattuta in faccia a tutti noi cittadini, la risposta sarebbe «giammai». Ma così speriamo che non sia, che gli uomini e le donne nei posti cardine della macchina della Giustizia assumano fino in fondo la loro responsabilità e comprendano che si tratta di un’occasione, forse irripetibile, per voltare pagina all’insegna di una piena fiducia tra tutti i poteri. E per assumere compiutamente le proprie responsabilità. Sarebbe il più bel riscatto da mostrare a una cittadinanza comprensibilmente disorientata e tendenzialmente disillusa.  

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