La scuola inclusiva e la ricetta esclusiva
La scuola si trova al centro di un dibattito politico acceso al Nord delle alpi con PLR e UDC che hanno puntato l’indice verso il modello della scuola inclusiva, ritenendo che lo stesso abbia ormai fallito. I toni si sono immediatamente alzati con le due forze a contendersi la paternità della proposta. Una variabile che non ci interessa trattandosi unicamente del braccio di ferro per conquistare un’effimera pole position. Altra storia è il merito della questione che, giocoforza, è diventata un tema anche in Ticino. E, come puntualmente accade quando si parla di scuola, si sono alzati muri per preservare lo status quo. Una dinamica, pure questa, arcinota. Si può discutere di tutto, chiunque ha il diritto di esprimersi su tutto, ma quando si tocca l’istruzione e i modelli correlati, dagli addetti ai lavori del mondo della scuola ecco alzarsi lo slogan «giù le mani» dal settore con gli strenui conservatori della sinistra a tacciare chiunque osi esprimersi di «incompetente, freddo picconatore e smantellatore», perché il meglio, a loro esclusivo dire, è già stato raggiunto e semmai la sola cosa che conta sono i mezzi finanziari, secondo l’assunto facile-facile che dice «più soldi, più qualità». Facendo astrazione da quest’ultimo elemento e riconoscendo che la scuola ticinese non è di certo quella che può contare su mezzi finanziari fantasmagorici, è irritante constatare puntualmente una chiusura a riccio.
Vale la pena sottolineare che il mondo dei docenti si distingue da sempre nel credere di avere la ricetta ideale per tutto. E l’esempio calzante dell’ultimo decennio è il boicottaggio, partito dall’interno, del progetto di Manuele Bertoli «La scuola che verrà». Tanti erano stati gli appunti mossi, molti anche perfettamente pertinenti, ma il problema principale era stato il mancato coinvolgimento del mondo della scuola, un peccato di lesa maestà che a Bertoli non è mai stato perdonato da diverse organizzazioni sindacali dei docenti. Il che dice tutto sulla reale apertura e volontà di guardare avanti.
Oggi al centro della discussione c’è però il modello di scuola inclusiva che punta a considerare tutti gli alunni uguali, veicolando e facendone erroneamente un cavallo di battaglia ormai da anni l’assunto secondo il quale tutti hanno le stesse capacità e potenzialità. Un principio sbagliato e dannoso, anche per quei ragazzi che l’inclusione mira a proteggere e aiutare nella crescita. Per frenare sul nascere l’osservazione che faranno taluni secondo i quali questo significherebbe smantellare, distruggere, finanche segregare.
Sgombriamo immediatamente il tavolo dai malintesi. Il diritto all’istruzione e alla formazione psicofisica alle nostre latitudini non è neppure da mettere in discussione. Ma dire accesso agli studi non significa mirare ad un’illusoria ed irrealistica uniformità dei risultati. E, anche se farà inviperire gli uniformatori social-professionisti, diciamolo chiaramente: non c’è eccellenza senza diseguaglianza. Aiutiamo chi ha bisogno di qualcuno che gli tenda la mano, chi necessita un accompagnamento mirato, ma in primo luogo consideriamo che la conoscenza della lingua è un requisito fondamentale per accedere alle classi nelle quali siede la maggioranza dei ragazzi e delle ragazze. Questa ed altre sono condizioni base per una compiuta inclusione, per il bene delle persone che hanno qualche difficoltà e per coloro che hanno una marcia in più. Ma soprattutto per gli allievi con capacità e profitto nella media, che devono poter contare sulla possibilità di essere risucchiati virtuosamente in maniera ascendente (verso chi eccelle) e non discendente (verso chi fatica). Questo è rispetto, lungimiranza e nel contempo concreta inclusione formativa.
L’istruzione è delicata e di fondamentale importanza, gli esagitati è meglio che stiano alla larga da questi meccanismi perché rischiano di fare danni. Ma i frenatori sono altrettanto negativi nel processo evolutivo della scuola. Chi propone una ricetta esclusiva, nel senso di escludere dall’istruzione e dalla formazione chi fatica, ma pure chi ha verità in tasca da anni e ritiene di godere di una sorta di esclusiva immutabile da fare valere, non è mai benvenuto al tavolo del dibattito sulla scuola che va affrontato con la mente aperta e coerente realismo contemporaneo.
Anche perché nel Ticino che non gode di materie prime da esportare dobbiamo puntare con decisione alle competenze e ai cervelli.