L'editoriale

La società dell'allerta permanente

Rischieremo di schiattare più per la paura della canicola che per la canicola
Bruno Costantini
18.07.2023 06:00

Il tema è caldo. Infatti, in questi giorni viviamo sotto la cappa di un’altra allerta canicola. Rischieremo di schiattare più per la paura della canicola che per la canicola. Mi sarò ricordato di bere almeno due litri di acqua al giorno? Di mettermi all’ombra se ho caldo? Di non tracannare un litro di Barolo sotto la stecca del sole? Di contare le pecore se la sera non riesco ad addormentarmi senza però dimenticare di tenere un cappellino in testa? Con il fine ultimo di fare del bene alla collettività, soprattutto alle fasce della popolazione ritenute più vulnerabili, si finisce per creare una vita di angoscia permanente (vedi pandemia). Perché se non è il caldo sono i temporali, il vento, la grandine fino alla neve e al gelo in inverno e non ci ricorderemo più che dalle nostre parti in inverno può nevicare e gelare. E allora scatterà l’allerta meteo e ci angosceremo attendendo le trombe del giudizio. La psicolabilità climatica è sempre più una caratteristica della nostra società. Sarà forse perché in parte ci siamo disabituati a usare le nostre capacità intellettive trovando più comodo farci guidare dalle istruzioni che sgorgano da autorità, media e social media, e in parte perché all’essere umano un po’ piace avere paura (magari ci dirà di più quella nuova scienza chiamata neurocinema che studia l’influenza dei film dell’orrore sul nostro cervello). In questi giorni di cosiddetta canicola ci vengono in mente estati ticinesi torride di quaranta, cinquant’anni fa o lunghi viaggi in auto senza aria condizionata che oggi definiremmo spaventosi. Non mettiamo in discussione gli studi sul surriscaldamento globale, le statistiche sulle temperature e la serietà dei meteorologi, come fossero elementi di un complotto mondiale, idea che ha il suo oscuro fascino come la paura. No, la cosa è molto più semplice e riguarda tutti quelli che concorrono all’informazione: senza misconoscere i dati sui cambiamenti climatici, smettiamola con l’ossessione martellante, spesso pappagallesca, sul tempo che fa. È caldo, l’abbiamo capito, e per sopportarlo meglio ci aiuta, forse ingenuamente, la saggezza popolare: «Ul temp e ul cü fann quel che vör lü».