La solita politica e l'effetto Vallemaggia
Da dove arriviamo e dove andiamo. Un’affermazione che potrebbe addirittura generare una sorta di crisi esistenziale in grado di mettere in dubbio elementi fondanti del nostro modo di essere e di fare. In realtà è tutto più semplice e finanche banale. O, almeno, così dovrebbe. Ad essere chiamata a scrivere il proprio destino, e di riflesso anche quello di noi cittadini, è la politica cantonale che ha riacceso i motori dopo la pausa estiva. Sul tavolo una miriade di dossier più o meno importanti e una sola certezza: per non trasformare la legislatura iniziata nella primavera di un anno fa nell’ennesima stagione dei rimpianti e delle scelte rinviate, occorrerà passare dalle parole ai fatti. E questo dovrà avvenire nei prossimi mesi, entro la primavera che dovrà davvero rappresentare un periodo di autentica rinascita. Ma per fare in modo che ciò avvenga occorrerà un’unione d’intenti in grado di andare oltre le sempre più stucchevoli belle parole nelle quali ci si promette reciprocamente collaborazione, determinati a dare vita a, più o meno, «larghe intese». Nella realtà dei fatti storicamente comprovati da anni d’esperienze e illusioni a lungo cullate e poi sfumate, a essere messa in atto non è tanto la lungimiranza. Gli strumenti più comunemente e assiduamente utilizzati sono il paraocchi che limita l’ampiezza del campo visivo e lo specchietto retrovisore che riporta sempre lo sguardo, di tutti e su tutto, alla casella di partenza.
L’estate delle vacanze ormai agli sgoccioli era iniziata con un tris di votazioni nel mese di giugno: un sì chiaro agli sgravi fiscali, un’approvazione risicata alle misure di compensazione per la Cassa pensioni, mentre la Cittadella della Giustizia era stata sonoramente bocciata. Il tema inerente le risorse finanziarie e quello sul terzo potere dello Stato li ritroveremo presto al centro dell’attenzione e, ci viene pure da dire, della polemica. Il primo declinato nel Preventivo 2025, il secondo in quella riforma dell’apparato giudiziario che appare ormai in accelerazione rispetto al discorso della sede ora che è sfumata la centralizzazione nel cuore della città di Lugano. Accelerato ma ferito a livello di credibilità per effetto del vergognoso litigio sfociato in una denuncia tra massimi esponenti del Tribunale penale. Tornando alla politica vien da dire che così va il Ticino: ciò che è irrinunciabile e tremendamente urgente, da un momento all’altro può finire in un cassetto. Ma vi sono altre questioni che presto s’imporranno nell’agenda politica, come la terza via sfornata nel corso della caldana estiva per quella Tassa di collegamento che il Governo ora vorrebbe in formato light nella speranza di mandare in fuorigioco i fronti contrapposti del sì e del no. C’è poi chi ha deciso di brandire il piccone per abolire il decreto Morisoli che imporrebbe (visti i primi risultati il condizionale resta d’obbligo) al Cantone di risparmiare e risanare senza aggravi fiscali. Vincolo che appare coerente con la votazione di pochi mesi fa, ancorché impopolare alla luce della storia della rinuncia da parte della maggior parte delle forze politiche a mettere in atto misure per ridurre l’iniezione finanziaria, calmierando l’intervento pubblico in materia dei premi di Cassa malati.
Ma l’opposizione ferma alla regola del decreto più famoso mai varato dal Gran Consiglio ha galvanizzato i Morisoli boys, determinati a presentare un decreto-bis. Il tutto, si badi bene, per qualcosa che, alla stregua di uno yogurt, ha una data di scadenza determinata, fissata a fine 2025. In tutto questo guazzabuglio nel quale appare difficile trovare il bandolo della matassa, s’inserisce un tema concreto e doloroso. Il disastro della Vallemaggia che non potrà essere ignorato dalla politica e andrà considerato con grande determinazione e serietà. Oggi, in occasione della ripresa delle sedute plenarie del Governo, l’Esecutivo si recherà nei luoghi stravolti dall’alluvione di fine giugno. Un gesto di vicinanza in attesa della concretezza da parte dell’intero mondo della politica. Spesso si dice che è dalle difficoltà che nasce l’unità, la solidarietà e la capacità di un aiuto reciproco. La popolazione ticinese ha dimostrato di esserci aiutando concretamente, anche con un insieme di piccoli gesti che hanno portato a un lodevole risultato in termini economici. E vien da dire che è da tutto questo che sarebbe auspicabile vedere ripartire la politica (non la solita politica), contagiata e spinta dal positivo effetto Vallemaggia.