La sveglia che suona e il tempo che passa
La sveglia che torna a suonare di buon’ora e la vita che riprende con i canonici ritmi dopo le vacanze natalizie. Per tanti, ma non per tutti. Non per il mondo della scuola che ha staccato la spina in anticipo e che la riattaccherà un giorno dopo noi comuni mortali. Un mondo, quello di docenti e allievi, che si farà complessivamente 19 giorni di stop per la nota compensazione del mancato rincaro. A proposito: ma chi lo ha mai visto con la regolarità di cui beneficiano gli statali? Il pensiero oggi va a tutte quelle famiglie che, per effetto del «giorno extra» dovranno gestire i figli che non potranno andare a scuola per il perverso meccanismo tra diritti e doveri che punisce sempre l’anello più debole della catena, quello che conosce solo doveri e che non può eccepire. Al massimo, ogni quattro anni, può votare per dire la sua su uomini e donne che muovono i fili nella stanza dei bottoni. O, forse, ogni tanto si fanno muovere da quegli stessi fili. Per non parlare poi del meccanismo degli scatti automatici (chi li ha mai visti con regolarità nel privato?) in vigore nel settore pubblico e parapubblico, ma che nessuno osa mai mettere in discussione. La sveglia suona e suona forte per il mondo della politica cantonale, perché il 2025 è «l’anno dell’ora o mai più». Ci attendono una dozzina di mesi del fare, del concretizzare, dell’agire, del mostrare coraggio, dell’avere idee da mettere in pratica. Le elezioni dell’aprile 2023 sono ormai un ricordo sbiadito e prima che riparta il circo della macchina elettorale, sarebbe un sogno vedere concretizzate le belle intenzioni all’insegna della collaborazione tra i partiti nell’interesse del Ticino e dei ticinesi. Parole (finora) a vuoto, con promesse, come l’accordo PLR-Lega-Centro sul Preventivo 2025, puntualmente ritrattate da alcuni per sofismi politici o tattiche di bottega partitica. All’insegna di una collaborazione tanto sbandierata quanto mai messa in pratica. Il presidente del Governo Christian Vitta, salutando l’anno trascorso, ha dato la carica per quello appena iniziato ricordando che «è l’era dei rapidi cambiamenti, per evolvere dobbiamo osare». Vero e sacrosanto, ma in prima battuta tocca a chi è al Governo, dove non si può agire alla «Mulino Bianco» (Marchesi dixit) o «essere stanchi» (Speziali dixit) e neppure «guidare a fari spenti» (Dadò dixit). Poi a Gobbi che aveva proposto a tutti «un po’ di camomilla» non resta che ricordare che era stato lui (seppur reduce «da qualche errore di gioventù») ad aver mostrato un’energia da 4x4 dicendosi pronto di riflesso a non fermarsi davanti a nulla e in grado di superare ogni ostacolo. La sveglia oggi suona forte-forte per il nostro Esecutivo che vorremmo in grado di innovare, di riformare e non solo di amministrare l’esistente e l’ordinario.
E veniamo al Gran Consiglio, frammentato come non mai nella storia del nostro Cantone, con ben dodici partiti e partitini. Quattro dei quali con rappresentanti nel penta-Governo, altre otto forze teoricamente d’opposizione, una delle quali (i Verdi) nel 2023 sul fronte progressista hanno avuto il solo compito dei portatori d’acqua del PS, mentre a destra, scegliete voi tra «parenti serpenti, cugini assassini o fratelli coltelli», la faida non è stata compiuta alle cantonali, ma è stata preparata con le federali e giungerà a compimento alle cantonali del 2027. La Lega, in difficoltà, cederà una poltrona Governativa all’UDC. Ma i contorni dell’ipotetico accordo elettorale sono tutti da scoprire. Poi ci sono i partitini, i cosiddetti «rompiscatole» a partire dai maestri nella specialità targati MpS. Ma la presunta forza della coppia di uomini che domina da lassù all’estrema sinistra dell’arco istituzionale è lo specchio fedele della debolezza dei deputati e delle deputate del nostro Parlamento.
Non resta che lanciare un appello ai reggenti dei quattro partiti che sono tenuti a una certa responsabilità, ai loro presidenti. A partire da Alessandro Speziali (PLR) e Fiorenzo Dadò (Centro), dotati di eccellente individualità, di un lessico forbito il primo e di un’esperienza con quella abilità da battitore libero che contraddistingue il secondo. A sinistra ci sono due co-presidenti (una formula dal sapore insipido), Laura Riget e Fabrizio Sirica, più intenti ad usare il piccone piuttosto che cemento e mattoni, ma il loro ruolo sembra quello di cavalcare l’indignazione piuttosto che fare emergere la ragione. E non resta che la Lega, forza che è di tutti e di nessuno, con l’assurda conduzione (forse agli sgoccioli) da parte del consigliere di Stato Norman Gobbi e con una pletora di vice del coordinatore ad interim. Quando ne cerchi uno, non sai mai che risposta avrai e per la scelta di chi schierare in occasione di un’intervista o di una trasmissione viene scandita la filastrocca di «passa Paperino con la pipa in bocca (…)». Piuttosto imbarazzante per il partito di maggioranza relativa.
E intanto la sveglia è suonata. Un po’ per tutti.