La violenza mascherata da giustizia fai da te
Un processo con al centro un caso di quelli che non lasciano indifferente nessuno perché coinvolge anche dei minori, l’altolà alla stampa da parte del Ministero pubblico a divulgare la notizia per non pregiudicare le indagini e, infine, il comunicato del Ministero pubblico che accende i riflettori su qualcosa di aberrante e maledettamente nuovo alle nostre latitudini. La Magistratura dei minorenni ha aperto un’inchiesta nei confronti di 18 minori e un diciottenne che, promuovendosi tramite reti social con profili fittizi, entravano in contatto con persone bramose di avere insane esperienze sessuali con giovani, al limite o forse già oltre la pedofilia. Ma poi l’appuntamento si trasformava in una spedizione punitiva nei confronti dell’adulto. E i dettagli emersi all’inizio della settimana sono ulteriormente agghiaccianti: il regista delle operazioni sarebbe un tredicenne che si ispirava a un filonazista russo. Altro che giovani indignati per la presunta inefficienza del nostro sistema giudiziario, e neppure adolescenti arrabbiati per (questo sì che è reale) il buonismo delle pene in materia di violenza sessuale nei casi di pedofilia. Si tratta di giovani delinquenti, giovani violenti, pronti a mettere in atto azioni autenticamente criminali. C’è da rimanere attoniti e basiti nel leggere quello che è emerso solo fino ad ora, nella speranza che la vicenda non ci presenti altre ulteriori pesanti deviazioni. Quelle venute alla luce all’inizio di questa delicata inchiesta bastano e avanzano per interrogarci e rimanere esterrefatti da cotanta brutalità giovanile, detto che quella degli adulti, ahinoi, non ci stupisce più. Tutti vorremmo immaginare i nostri ragazzi e le nostre ragazze, in senso lato definiamoli pure un po’ i nostri figli, vivere l’importante età della crescita, psichica, fisica, sessuale nella più totale naturalezza dei contatti sociali. Quelli dei primi amori adolescenziali e delle prime esperienze sentimentali e intime tra pari, senza forzature, senza deviazioni, in maniera naturale, innocente e gioiosa. Situazioni che ti fanno vivere l’ebbrezza dell’innamoramento per il quale saresti disposto a tutto nell’età della purezza sentimentale, vivendo poi magari come un terribile dramma la fine di quella storia. Ci siamo passati in tanti. Forse saremo nostalgici, ma come non ricordare quella gioventù nella quale si passava dalla bicicletta, al motorino, al primo bacio alla francese e via di seguito. Non ci sono dubbi, non occorre ergersi a rigidi bacchettoni, per affermare che la deriva dei social ha snaturato i rapporti umani, a partire da quelli tra ragazzini e ragazzine. Lo ha saggiamente sottolineato ieri sulle nostre colonne la magistrata dei minorenni Fabiola Gnesa: «È tutto più veloce, quello che prima si sperimentava a 18 anni, oggi i giovani lo vivono molto prima». Viviamo a una velocità eccessiva e ai genitori, spesso anche a quelli più attenti e coscienziosi, la situazione può sfuggire di mano. Coloro che lasciano i figli a una sorta di autogestione, corrono maggiormente il rischio di trovarsi sopraffatti dagli eventi e non essere più in grado di esercitare il proprio ruolo. Poi ci sono giovani che, seppur cresciuti senza un quadro di riferimento, si sviluppano in maniera coscienziosa, mostrando pure più maturità da adolescenti, rispetto a quella insita nei comportamenti dei propri genitori. Saranno anche parole dure da accettare, ma sono situazioni che esistono.
Tornando al caso dal quale abbiamo preso tristemente spunto, c’è una cosa che va detta forte e chiaro. Non si può accettare di sentire affermare che questi ragazzi abbiano voluto farsi giustizia da sé. Nel modus operandi non c’è alcuna voglia di giustizia, ma una incommensurabile volontà di delinquere, con quale grado di coscienza lo dirà l’inchiesta che non compete di certo a noi, bensì a chi è investito di questo compito. Il giustizialismo e la vendetta sono estranei al nostro Stato di diritto, appartengono a culture lontane dalla nostra. Perché questi ragazzi le hanno fatte proprie? Con quali obiettivi e quale fine? Ma soprattutto, e questo è un quesito pesante, chi c’è eventualmente dietro questi minorenni? Hanno ingannato tutti o qualcuno ha chiuso gli occhi? Chi sapeva? Chi eventualmente ha taciuto? Come potranno recuperare la propria vita? Cosa possiamo fare noi comuni cittadini? Interrogativi lancinanti perché da adulti e genitori non vorremmo mai che situazioni simili si ripetano, il sentimento di giustizia fai da te è pericoloso e soprattutto non è un comportamento civile. C’è una saggia descrizione che abbiamo raccolto in questi giorni nei quali tra adulti scioccati si parla tanto di questo caso: «La violenza o lo sbaglio altrui, non giustifica la violenza o lo sbaglio proprio». Mai.