L'editoriale

L'addio all'FM: un altro autogol della SSR

I segnali digitali necessitano di una pulizia pressoché totale per essere recepiti: basta un evento meteorologico particolarmente intenso per interrompere la ricezione – Incomprensibile la decisione di abbandonare l’unico mezzo di trasmissione in grado di raggiungere gli utenti nelle situazioni di grande disagio
Mauro Rossi
04.12.2024 06:00

Tempi grami per la SSR: i pesanti tagli di personale all’orizzonte, il drastico calo degli introiti pubblicitari e la spada di Damocle dell’iniziativa «200 franchi bastano» rendono il futuro del servizio pubblico radiotelevisivo decisamente cupo. A rendere la situazione ancora più critica ci sono poi una serie di autogol che l’ente sta con preoccupante regolarità realizzando: da linee editoriali che causano non pochi pruriti in ampie fasce della popolazione a scelte incomprensibili ai più, come quella di abbandonare con la fine dell’anno la diffusione dei propri programmi in Modulazione di Frequenza (FM), la banda di trasmissione delle onde ultracorte che da oltre mezzo secolo è la più utilizzata, a livello globale, per la diffusione di segnali radiofonici su piccole e medie distanze. Ed è su quest’ultima decisione che vorrei soffermarmi e sulla sua insensatezza sul fronte sia tecnico, sia dell’immagine. Partiamo dal fattore tecnico: la SSR reputa le trasmissioni in FM «obsolete» ed «eccessivamente costose», soprattutto se confrontate con i nuovi sistemi (DAB+ e Internet) che stanno prendendo piede. Che siano più costose rispetto al DAB+ che permette di trasmettere vari programmi usando un’unica frequenza è un’affermazione condivisibile, che siano «obsolete» non è veritiero e verificabile da chiunque. I segnali digitali, rispetto ai «vecchi» segnali analogici, necessitano infatti di una pulizia pressoché totale per essere recepiti: basta un evento meteorologico particolarmente intenso (un forte temporale) o, semplicemente, la presenza di un ostacolo fisico importante (un grande palazzo in cemento armato o un sottopassaggio un po’ lungo) per interrompere la ricezione: cosa che non accade nella «obsoleta» FM dove il segnale magari farfuglia, perde qualità, potenza ma si può sentire sempre e comunque.

E siccome uno dei mandati della concessione della SSR sta nell’essere un punto di riferimento per la popolazione in caso di calamità e situazioni eccezionali, è quanto meno incomprensibile che si sia deciso di abbandonare l’unico mezzo di trasmissione in grado di raggiungere gli utenti nelle situazioni di grande disagio. Oltre a questi aspetti tecnici che rendono la trasmissione digitale del suono - tale è il significato dell’acronimo DAB - invisa anche a una considerevole parte degli esperti di radiofonia, nella decisione della SSR di spegnere l’FM c’è un elemento estremamente negativo sul fronte dell’immagine, sua e dell’intero Paese. La Modulazione di Frequenza, assieme alle Onde Medie (AM - che la SSR ha già assurdamente abbandonato anni fa unitamente alla trasmissione in Onde Corte, SW, quelle per decenni utilizzate dalla defunta Radio Svizzera Internazionale, oggi trasformata in uno sterile portale Internet) è stata sin dai suoi primi utilizzi, quasi cent’anni fa, l’autentico simbolo della radiofonia e della sua libertà, della capacità di questo medium di superare ogni barriera, confine e di farsi sentire ovunque. E ve lo dice uno che, per anni, parlando ai microfoni della SSR ha avuto personalmente modo di raccogliere, sia dagli ascoltatori in AM che in SW, innumerevoli attestati sull’importanza che aveva in molte nazioni (da quelli dell’ex cortina di ferro a quelli africani, a Cuba) la possibilità di ascoltare voci, visioni, musica e opinioni diverse. Anche da noi l’FM è quella che ha fatto nascere e crescere le «radio libere», che ha contribuito a sviluppare la pluralità di pensiero e opinione, che ha sostanzialmente aiutato la democrazia a stare in piedi: una percezione che forse negli uffici della SSR di Berna non c’è, ma che a Besso e a Comano è sicuramente molto più sentita visto il ruolo che Radio Monte Ceneri prima e la Radio della Svizzera italiana poi hanno avuto nell’ambito dell’italianità.

Ecco perché chiudere questi canali e affidarsi totalmente a una digitalizzazione che, è provato, non è affidabile (se negli scorsi giorni è bastato un lavoro ad una tubatura del gas in Svizzera per bloccare i sistemi di pagamento digitali in mezza Europa - figurarsi quanto è facile bloccare le trasmissioni…) significa fare autogol. Per la SSR che si ritrova in una posizione di maggior fragilità e per l’intera Svizzera che rischia di dare un’immagine di chiusura della quale non ha davvero bisogno.