Le fatiche di Gobbi e di tutto il Governo

Di fatto quelli che iniziano con la presidenza del Consiglio di Stato che passa dalle mani di Christian Vitta a quelle di Norman Gobbi sono gli ultimi dodici mesi della legislatura. Non abbiamo problemi con il pallottoliere o il calendario, ma dire che «è l’ultimo anno» risponde ad un semplice ed elementare dogma cantonticinese: dall’estate del 2026 sarà solo campagna elettorale. È l’ultima occasione, l’ultima chiamata per imprimere una decisa svolta dalla politica delle chiacchiere a quella del fare quanto si era annunciato nell’aprile del 2023 sulla spinta di tanto ottimismo e voglia di collaborare all’insegna delle più larghe delle intese. Nulla di questo, ahinoi che ci siamo sforzati di crederlo secondo il principio della buona fede, si è avverato. E c’è un aspetto che rende a maggior ragione questo passaggio della presidenza persino paradossale: fare affidamento su un cambio dettato da un turn-over pianificato fin dalla prima seduta post elezioni per sperare in un mutamento di passo, per passare dal silenzio governativo che dura da anni al dialogo con i cittadini e con il Paese sa un po’ di mossa della disperazione. Inoltre, stiamo parlando della testa di un organo collegiale, nel quale chi prende il volante è di fatto un «primus inter pares» come impone il nostro sistema democratico. Il presidente taglia i nastri, stringe la mano agli ospiti eccellenti, tiene i discorsi pubblici di spessore e risponde dei guai che non mancano mai. Allo stesso tempo è tenuto a proseguire nella gestione delle sue responsabilità come direttore dipartimentale. Ogni tanto (immaginiamo) si riposerà e si prenderà un po’ di tempo libero. Chi lo segue sui social vede un Gobbi instancabile in cammino di buon’ora nella sua Leventina e poi via di seguito tutto il giorno senza tregua, fino ai post serali che lo mostrano come una buona forchetta, talvolta con il grembiule direttamente ai fornelli. Per Gobbi (e per l’intero Governo) inizia un anno tremendamente in salita, di quelli che, potendo, chiunque vorrebbe evitare. Impegnativo, gravoso e che (l’esperienza insegna) ti pone sotto i riflettori più per «fastidi» che per momenti di «gloria». Gobbi, soprannominato dal suo Mattino, SuperNorman, ma anche autoqualificatosi come «4x4 della politica» è atteso da un anno complicato. Non si può dimenticare che, almeno fino al termine di questo quadriennio, la Lega avrà due consiglieri di Stato. È così dal 2011, quando lui è stato protagonista di quel raddoppio ancora sotto la conduzione di Giuliano Bignasca affiancando Marco Borradori. È nella natura delle cose che, più presto che tardi, andrà stilato un bilancio di questa esperienza governativa di un partito ormai più partitocratico di molti altri sulla breccia da più anni. Dicevamo dei due leghisti in carica, molto diversi tra loro, ma pur sempre una coppia dello stesso partito, su complessivi cinque membri per complessivi quattro partiti. Gobbi ha dichiarato e ha promesso ormai diversi mesi fa di ricandidarsi. E dopo 16 anni (traguardo che raggiungerà nel 2027), entrerà negli annali come «culo di pietra» dei tempi moderni. Sarà quindi chiamato a dimostrare di avere ancora spinta ed energia. A se stesso, agli elettori e alla sua Lega che, quasi fosse ormai un oracolo, sembra non potere fare a meno di lui. Lega che, e non è un elemento di poco conto, ha svoltato (in direzione del glorioso passato) all’insegna della rotta indicata dal popolare Gobbi. Lega che con Daniele Piccaluga, guarda con nostalgia ai primi vagiti del movimento, con l’intenzione di riportare tutti indietro di una trentina d’anni. Ringiovanire è il sogno irrealizzabile di chiunque. La Lega farà eccezione? E come gestirà le tensioni a destra tra Zali-Marchesi, Lega-UDC Gobbi che è l’unico esempio vivente di perfetta duttilità sui due fronti? Gobbi esce anche da un biennio complicato dal fallimento del progetto «Giustizia 2018» e da quello che osiamo definire un flop annunciato: «Ticino 2020». La pressione su di lui tornerà poi a salire quando si riaprirà il capitolo di quella «triste e sfortunata» sera in Leventina, il suo coinvolgimento nel più famoso degli incidenti senza morti o feriti, seppur «con un bicchiere di troppo» (sua citazione). Ma con due agenti che andranno a processo e dovranno rispondere di favoreggiamento, in correità. Come reagirà Gobbi nel caso di una condanna di quegli uomini al fronte, servitori dello Stato che per puro caso si sono trovati di fronte il loro responsabile in senso lato? Gobbi è atteso a un tremendo anno di fatiche, personali, politiche e umane. In questo turbinio di situazioni e di emozioni, dovrà tenere la testa lucida e l’interesse preminente del Ticino e dei suoi cittadini quale obiettivo numero uno. E, ciliegina sulla torta sulle fatiche di Gobbi e di tutto il Governo, convincere il Parlamento e i partiti (in primis il suo), che senza sacrificio non si ottiene alcun risultato. Auguri a Norman Gobbi e al Governo tutto.