L'editoriale

Le finanze e l'antipasto del solito menu

Un primo assaggio del Preventivo 2025 da oggi in Gran Consiglio - Dal grottesco iter, ai sussidi di Cassa malati - E intanto il deficit sprofonda
Gianni Righinetti
14.10.2024 06:00

Nel mondo della politica ticinese spesso capita che fatti e parole finiscano nel frullatore producendo un’autentica confusione. Le medesime premesse, purtroppo, sono date anche in vista del varo del Preventivo 2025, a partire dall’assaggio che verrà servito oggi in Gran Consiglio. Ma facciamo un passo indietro. Nell’ultima settimana di settembre si è prodotta una sequenza di eventi che lasciano di stucco. Dapprima la Commissione della gestione ha deciso di preavvisare negativamente il controprogetto della paura varato dal Governo nel goffo tentativo di salvare la Tassa di collegamento. Contemporaneamente è stato mostrato il pollice verso il basso al meccanismo per la compensazione della progressione a freddo. Misure che i parlamentari sapevano essere inserite nei conti del prossimo anno. Poi il giorno successivo è arrivata da Berna la stangata con un rincaro del 10,5% dei premi sul 2025, con il Governo che aveva considerato nel suo documento una crescita del 6%. Appare quasi grottesco che l’Esecutivo non fosse informato su una variabile tanto importante che ha riflessi ragguardevoli su quella voce che si chiama «sussidi di cassa malati» e abbia consapevolmente osato un’uscita «al buio». Insomma, con due mosse, una anticipata dai parlamentari ticinesi e l’altra da meccanismi federali, dal giorno «meno uno» al giorno «più uno» il preventivo che si è trovato nel giorno «zero»: è sprofondato. Al disavanzo previsto di 64 milioni, se ne sono aggiunti 8 per la progressione a freddo, 15 per la Tassa di collegamento e 16 per il cerotto dell’extra caro-premio: a conti fatti siamo a quota -103 milioni di franchi. E, se è vero come è vero che l’esperienza insegna, per effetto della piazza che con la manifestazione di mercoledì riprenderà il suo pressing su una politica piuttosto incline a seguire l’onda della convenienza popolare, un ulteriore abisso non può essere escluso. Lo abbiamo visto un anno fa, quando è accaduto quello che ben descrive un detto popolare riferito alla compravendita degli animali, secondo il quale «chèl che vusa pusée la vàca l’è sua».

Urlare fa scena, può anche convincere, ma non dà sostanza alle cose. La mancanza di visione realistica dell’Esecutivo e il braccio di ferro che sempre vede il Legislativo sulla difensiva e mai capace di sfoggiare una visione lungimirante sono pessime premesse per i conti che verranno e in vista di quella che dovrebbe essere una presa di coscienza per tentare di raddrizzare un vascello che fa acqua da anni e dove ora si rende necessario azionare le pompe per scaricare l’acqua imbarcata. Il braccio di ferro è solo alle battute iniziali perché a fare da sfondo alla discussione sui conti che verranno c’è, da una parte chi suona la gran cassa dell’indignazione piazzaiola e dall’altra chi cerca firme per dire stop alla crescita dei dipendenti pubblici e mirando di fatto a ridurli fissando un meccanismo, un automatismo. Affidarsi a formule precostituite non è mai una buona cosa. Ammesso che si creda ancora alla capacità della politica. Dai fronti antitetici abbiamo le due facce della stessa medaglia che insegue con mezzi diversi un unico fine: il populismo. Che non è una parolaccia, ma lo si guardi da sinistra o da destra, ha caratteristiche simili, quando non identiche. Nella sostanza delle cose non saranno queste due correnti a salvare le finanze del Canton Ticino, ma un lavoro serio e responsabile per trovare soluzioni percorribili, senza generare conflitti. Quello che è certo è che non saranno tasse dormienti ripescate da leggi del passato (tale è la Tassa di collegamento) o l’illusione di poter risolvere il problema del nostro sistema sanitario sorretto dall’ormai fallimentare Lamal, performante nell’offerta ma ormai a pezzi dal profilo del finanziamento, a salvare il nostro sistema Paese. Troppi sono i cittadini strozzati dai premi di cassa malati e che devono ricorrere allo Stato per farvi fronte.

Dall’approfondimento che proponiamo oggi a pagina 3 emerge che ormai quasi una persona su tre necessita di questa stampella statale. Dopotutto a dire chiaramente che siamo un popolo di sussidiati ha contribuito anche la fotografia che ha proposto il nostro settimanale «La domenica» con la pioggia da quasi 50 miliardi di aiuti per ogni genere di attività che sono riconosciute da Berna. Alla fine, sono sempre soldi nostri, di cittadini, aziende ed economia, riversati con meccanismi sì rodati, ma ampiamente foraggiati da quegli stessi introiti. Sarà interessante vedere nei prossimi mesi che effetti produrrà sulla politica federale il pacchetto di risparmi da 5 miliardi di franchi che, a cascata, avrà quale effetto la penuria d’acqua nel generoso innaffiatoio. Sarebbe il caso di abituarsi anche in Ticino a bere un poco meno per non ritrovarsi a breve assetati, ma senza acqua, rimanendo così con la gola secca. Ma intanto l’orchestrina non cambia la musica e da oggi in Gran Consiglio verrà servito l’antipasto del solito menu.