L'editoriale

Le parole non dette nelle sfide del Festival

Dall’Assemblea straordinaria del Locarno Film Festival che si è tenuta settimana scorsa sono usciti alcuni silenzi che rivelano come la strada verso una profonda complicità tra la presidente Maja Hoffmann e la «sua» manifestazione non sia spianata del tutto
Paride Pelli
09.10.2024 06:00

Dall’Assemblea straordinaria del Locarno Film Festival che si è tenuta settimana scorsa sono uscite alcune decisioni che fanno molto ben sperare per il futuro della kermesse. Ma anche alcuni silenzi che rivelano come la strada verso una profonda complicità tra la presidente Maja Hoffmann e la «sua» manifestazione non sia spianata del tutto. Bisognerà affrontare, insomma, ancora qualche curva. Naturalmente, la tenuta di strada del nuovo corso non è in discussione. Prima di tutto, le decisioni. L’ingresso nel Cda del produttore cinematografico italiano Roberto Cicutto, già presidente della Biennale di Venezia, avvicina sempre di più la macchina del festival a un clima internazionale e di alto livello. È un primo passo verso quella gara di salto in alto che la presidenza Hoffmann rappresenta e riassume: la sfida certo non è - e sarebbe sbagliato che lo fosse - insidiare e tallonare l’evento di Venezia, ma piuttosto posizionarsi in modo specifico e ricco di potenzialità sulla scena mondiale (bisogna pur avere delle ambizioni). In aggiunta, l’arrivo nel Cda di Gilles Marchand, direttore generale SSR dal 2017 alla fine di questo mese, è una mossa per promuovere e propagare ancor più capillarmente il Festival su scala elvetica attraverso personalità uscenti proprio dal settore pubblico. Resta però da vedere quali rapporti si svilupperanno con l’importante - come peso e come modalità diversa di proporre i contenuti - settore dei media privati.

Anche la creazione di una nuova direzione articolata in sei dipartimenti (il CEO sarà Raphaël Brunschwig) è indicatrice che il motore di Locarno è destinato a sviluppare una potenza sinora inedita. «Credo si possa comprendere quanto più forte adesso sia la nostra organizzazione», ha detto giustamente il vicepresidente del Cda Luigi Pedrazzini. La parte più dolente uscita dall’Assemblea, invece, riguarda - come spesso accade di questi tempi e in tante realtà - l’aspetto finanziario. La 77. edizione ad agosto scorso ha fatto meglio di quanto preventivato, il pubblico ha raggiunto vette di presenza «sorprendenti», come ha potuto constatare il direttore artistico (riconfermato) Giona Nazzaro. Tuttavia, il Festival costa qualcosa come 18 milioni, l’attuale capacità di auto-finanziamento è intorno ai 17,5 milioni e il fondo di riserva di 700 mila franchi è stato quasi completamente prosciugato. La nuova direzione ha come prima missione quella di trovare nuove entrate e nuovi finanziatori: non sarà facile, dopo lo straordinario lavoro svolto a tutto campo dall’ex presidente Marco Solari, ma nemmeno impossibile. Per andare in pareggio, balla in sostanza mezzo milione. Tanto, di questi tempi, e poco. Però si sente già parlare apertamente di «razionalizzare la spesa», cioè tagliare e affidare «meno servizi possibili» a società e consulenti esterni. E questo nonostante nessuno degli attuali finanziatori e sponsor, siano essi istituzioni pubbliche o aziende private, abbia deciso di lasciare il Festival. Questa, ribadiamo, è la nota dolente registrata venerdì scorso: forse per la prima volta, si è sentito associare i tagli sulle uscite al Festival.

Sia chiaro, anzi, ça va sans dire, tenere i conti sotto controllo è più che doveroso. La scelta dei tagli rischia però di impattare, per ora in misura ridotta e non drammatica ma è tutto da vedere, sull’indotto della manifestazione e sul territorio. È un paradosso. Uno dei fiori all’occhiello del Festival è, da sempre, la capacità di fundraising, che nei decenni ha destato ammirazione per sviluppo, dinamismo e capacità persuasiva, grazie al lavoro davvero egregio di Solari e della sua squadra. L’arrivo alla presidenza di una straordinaria mecenate di caratura globale come Maja Hoffmann dovrebbe sulla carta aumentare questa spiccata qualità del Locarno Film Festival. Proprio per questa nostra previsione ci aspettavamo, dalla presidente, una riflessione più rassicurante e propositiva sulla sfida dei nuovi finanziamenti. Una riflessione che - sarà stato per la fredda aria ottobrina, più mesta di quella calorosa ed entusiasmante che abbiamo respirato ad agosto in Piazza Grande - non è arrivata. O per lo meno, non ancora.