L'editoriale

Le pensioni e un deficit informativo da colmare

Non sono ancora stati pubblicati sondaggi per tastare l’indice di gradimento della revisione della previdenza professionale, ma è probabile che per i suoi sostenitori la campagna sarà tutta in salita
Giovanni Galli
26.07.2024 06:00

Mancano meno di due mesi alla votazione popolare sulla riforma del secondo pilastro pensionistico. Non sono ancora stati pubblicati sondaggi per tastare l’indice di gradimento della revisione della previdenza professionale, ma è probabile che per i suoi sostenitori la campagna sarà tutta in salita. Per diverse ragioni. Innanzitutto per la complessità della materia, anche se le ragioni alla base della riforma sono relativamente semplici: da un lato, far fronte ai diminuiti rendimenti dei mercati finanziari (dove vengono investiti i risparmi) e all’aumento della speranza di vita, che allunga il periodo di versamento delle rendite, dall’altro migliorare le condizioni pensionistiche delle persone con salari bassi e di quelle occupate a tempo parziale. A differenza della 13. AVS, per la quale si trattava solo di stabilire se assegnare o meno una rendita mensile in più e ciascuno aveva gli strumenti per misurarne l’impatto concreto, stavolta il quadro è decisamente più complicato. Oltre a confrontarsi con provvedimenti tecnici di non immediata comprensione, per i futuri pensionati - per chi già percepisce una rendita non cambierà nulla - non esiste un calcolatore delle eventuali conseguenze, a causa della diversità delle situazioni individuali. La storia insegna che nel dubbio, quando un tema è troppo tecnico, non viene spiegato bene o non permette di intravedere un chiaro interesse diretto - l’ultima volta è accaduto con la riforma fiscale delle imprese nel 2017 - i cittadini tendono a votare no. La seconda ragione riguarda il contesto politico. La battaglia contro la riforma è condotta dalla sinistra e dai sindacati, che dopo la sconfitta sull’età di pensionamento delle donne vogliono riaffermare il loro «diritto di veto» in materia previdenziale. Ma a fiancheggiarli, stavolta, ci sono anche alcuni settori dell’economia, preoccupati per l’aumento del costo del lavoro. Il sostegno quindi non è unitario e in alcuni casi, quando c’è, è tiepido. Il terzo possibile motivo sono le lacune informative in fatto di previdenza professionale. Stando a un recente sondaggio condotto dall’istituto Sotomo per l’assicurazione Zurich (cfr. NZZ 8 luglio), il secondo pilastro è apprezzato ma il suo funzionamento è poco conosciuto. Questo potrebbe avere conseguenze nelle urne il prossimo 22 settembre. In primo luogo, le conseguenze della riforma sarebbero sopravvalutate. Gli interpellati stimano un impatto diretto su oltre il 60% degli assicurati. In realtà, la misura principale, vale a dire la riduzione dell’aliquota di conversione del capitale in rendita dal 6,8% al 6%, secondo la Confederazione non toccherà direttamente due terzi degli assicurati (c’è chi dice addirittura l’85%), perché riguarda unicamente la parte minima obbligatoria del risparmio accumulato. La maggioranza degli assicurati, invece, dispone anche di una buona parte sovraobbligatoria, per la cui conversione in rendita non esistono vincoli. Le casse pensioni possono pertanto praticare un’aliquota media fra le due parti del capitale, inferiore al canonico 6,8%. Ebbene, stando al sondaggio, solo un terzo degli interpellati è certo di avere un’assicurazione sovraobbligatoria. Inoltre, si pensa che l’aliquota effettiva sia del 6,2% quando in realtà è già mediamente al 5,2%. Il politologo Michael Hermann sostiene che gli avversari della riforma potrebbero trarre vantaggio da questa mancanza di conoscenze. «Quanto più dichiarazioni, valutazioni e affermazioni sono contraddittorie, tanto più è probabile che la popolazione si attenga allo status quo», ha affermato (NZZ). Morale, se i sostenitori della riforma non vogliono che la nuova LPP sia un morto che cammina, devono rimboccarsi le maniche per informare e spiegare. Gli avversari, invece, possono solo approfittare della mancanza di chiarezza, all’insegna del vecchio adagio di Mao: «Grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente».