L'editoriale

Lega-UDC, la stagione delle botte gentili

Amici o nemici? A destra gli animi sono già surriscaldati - Il confronto tra i leghisti Zali-Piccaluga e di democentristi Marchesi-Morisoli
Gianni Righinetti
07.04.2025 06:00

Dirsele senza peli sulla lingua e darsele (politicamente parlando) di santa ragione. Quattro esponenti di primo piano della Lega e dell’UDC sono stati protagonisti a «La domenica del Corriere» di un confronto inedito. In particolare tra Claudio Zali e Piero Marchesi, che nell’acida campagna elettorale del 2023 non era mai stato possibile mettere uno in faccia all’altro per la ritrosia del consigliere di Stato nei confronti del suo sfidante interno nella lista comune dei cosiddetti «cugini». Zali è stato rieletto senza troppi patemi d’animo e la questione è finita in un cassetto per un po’. Ma ora le elezioni del 2027 iniziano ad essere un tema e l’assaggio nell’area di destra è stato di quelli scoppiettanti. Abbandonato il velo d’ipocrisia che talvolta filtra i messaggi politici, si è capito che la tensione è già altissima, che l’UDC vuole sapere a breve (entro l’autunno) se l’intesa si farà o se, con buona pace di tutti, ognuno giocherà la sua partita. E poi, sulla base della volontà degli elettori, ci si conterà e chi sarà eletto si guarderà in faccia per capire quale politica portare avanti. In questo contesto è evidente che Zali ha oggi il coltello dalla parte del manico. Di fronte a una sua manifesta disponibilità, nessun leghista, giustamente aggiungiamo noi, gli chiederebbe di rinunciare con la «quasi certezza» di dare quella poltrona ai democentristi, specie nel caso di accordo partitico. La rinuncia di Zali spianerebbe la strada all’intesa che dura dal 2019, un matrimonio d’interesse che ha dato soddisfazione ad entrambi: a livello cantonale e federale. Ma nel frattempo i risultati elettorali nella corsa al Gran Consiglio hanno mostrato la Lega in perdita di velocità e l’UDC in ascesa. È il segno inequivocabile che il cuginetto non può più essere accontentato con uno zuccherino. I rapporti di forza sono cambiati in Consiglio nazionale, con un leghista e due democentristi. E nell’ipotetico, ma oggi lontano, accordo per il 2027, questo elemento avrà pure il suo peso. Il neo coordinatore di quello che era un movimento ed oggi è a tutti gli effetti un partito, sembra essere confrontato con un’impresa titanica. Daniele Piccaluga è sinceramente intenzionato a discutere con il presidente Marchesi, ma si trova all’interno di dinamiche molto più grandi di lui, di fatto condizionato da una situazione ineluttabile. Norman Gobbi la volata alla ricandidatura l’ha lanciata «all’indomani» delle scorse elezioni, Zali non intende farsi mettere fretta anche per il rischio di «fare un piacere» a quell’UDC che, se ve ne fosse ancora un minimo dubbio, è lontana dal suo modo di pensare, agire e tessere alleanze. Intanto Piccaluga ha detto che occorrerà partire dai nomi. Insomma, il re è nudo. Al di là di qualche affinità tra Mattino e UDC, talvolta tra Gobbi e Marchesi, in casa Lega non c’è alcuna intenzione di andare a braccetto sui temi; ad avere la meglio è la voglia di smarcarsi. L’UDC ha presentato un’iniziativa per diminuire il personale statale? Ebbene la Lega sta affinando un testo per risparmi puntuali (in parziale accordo con i propri due consiglieri di Stato). D’altronde c’è un’innegabile verità: i due leghisti al Governo sono perfettamente inseriti nei meccanismi dell’Esecutivo, della «macchina statale» e Sergio Morisoli li ha redarguiti per mai finire in minoranza nell’intento di difendere le politiche promosse dall’area, specie quando sull’etichetta della proposta in discussione c’è il marchio «UDC». Le quotazioni per un «accordo no» sono in discesa, poi la politica è l’arte del possibile e di quello che in apparenza sembra impossibile. Ma oggi pare proprio una «mission impossible», che potrebbe diventare «possible» solo se Zali si farà da parte. Uomo determinato, cervello fine, finanche provocatore quando senza dogmatismi politici ha sottinteso una sorta di «giammai con l’UDC», dichiarando maggiori affinità con PLR e Verdi. E non si può fare finta di nulla di fronte a questa dichiarazione di stima politica, perché il PLR di Alessandro Speziali è fortemente interessato alle dinamiche a destra. Da una parte perché su certi temi i liberali radicali si situano in quell’area, ma soprattutto perché una rottura definitiva tra gli attori della destra, aprirebbe scenari gustosi per il PLR. Detto che la Lega un seggio lo farà senz’altro nell’ipotesi che Gobbi mantenga l’impegno dichiarato ormai mesi fa. Per il secondo seggio, senza Zali, sarebbe una partita a tre: un altro leghista (anche se a livello di macchine da voto non se ne vedono molte all’orizzonte), un UDC, ma anche un secondo esponente del PLR. Ci sarà attesa interessata da parte di Speziali che immaginiamo seduto al cinema per «Lega-UDC, ultimo atto» a sgranocchiare popcorn, nella speranza di una rottura. I liberali radicali, dimezzati in Governo nel 2011, hanno da sempre cullato il sogno di tornare a fare coppia nell’Esecutivo. Le botte gentili di questi giorni fanno gola a molti. E confermano il malandazzo cantonale che vede tutti attori protagonisti: siamo a metà legislatura e la campagna elettorale non finisce mai.