L'impiego pubblico, l'autopilota e il robot
La raccolta di quasi 11.000 firme (quando ne bastano 7.000 valide) è un segnale forte che lancia sin d’ora il dibattito e la campagna in vista della votazione popolare che potrebbe essere agendata prima delle elezioni cantonali del 2027 e con i promotori già in pressing per andare al più presto alle urne. Il fronte borghese che la sostiene è determinato, ma la paternità dell’iniziativa «Stop all’aumento dei dipendenti cantonali» è dell’UDC, con il massiccio aiuto della parte della Lega che fa capo al Mattino (in attesa che la forza di via Monte Boglia indichi chiaramente quale sarà il suo indirizzo politico), di qualche figura di PLR e Centro, ma soprattutto che vede schierato per la prima volta su questioni non strettamente fiscali, il mondo dell’economia. La grande novità è rappresentata dalla discesa in campo del vertice della Camera di commercio e dell’AITI. Per le associazioni economiche ora inizia la fase più impegnativa, dato che si vedranno costrette a schierarsi in quell’arena politica che hanno voluto sempre schivare e nella quale non si sono mai trovate perfettamente a loro agio. Stavolta hanno sposato una causa ben profilata e non solo dato il proprio appoggio da esterni o simpatizzanti. Sarà una partita dura, senza esclusione di colpi e contraddistinta da sgambetti, perché a lottare contro il cosiddetto «taglio» degli impieghi pubblici ci sarà il fronte rossoverde, sostenuto dalle forze sindacali e da una schiera di moderati che non potranno permettersi di mettersi contro lo Stato e l’impiego pubblico. C’è poi curiosità nel vedere come il Governo affronterà la questione. Da una parte è prevedibile che dovrà difendere i propri dipendenti dei quali ha strettamente necessità di appoggiarsi per andare avanti, ma non potrà tuttavia negare l’evidenza dei numeri. A partire dallo studio dell’Idheap che ci mette spalle al muro: nell’analisi di dieci criteri il Ticino è nove volte oltre la media intercantonale e nell’Amministrazione cantonale è in avanti del 33%. Un altro studio statistico indica che negli anni 2008-2021 in Ticino c’è stato un aumento maggiore del 25,3% dei dipendenti pubblici rispetto agli altri Cantoni. Per chi non si accontenta o relativizza queste fotografie, ecco la nuda e cruda realtà: le spese per il personale dello Stato, in barba alle regole universali del buon governo che dice che nei momenti di difficoltà si devono rivedere compiti e uscite, marcia imperterrita verso nuovi record, come se nulla fosse.
In Ticino tutto cresce: i compiti che si assume l’ente pubblico, la spesa, il debito e l’illusione di poter soddisfare ogni necessità, pure quelle minime, finanche ogni sfizio. Sperando che si potrà continuare così all’infinito e che, alla fine, «tanto qualcuno pagherà». Una sorta di irresponsabile serenità che si è autoalimentata per anni e che l’iniziativa in questione ha il merito di tentare di scardinare all’insegna di una rinnovata responsabilità. Se in Ticino ci troviamo con una schiera di statali (che non hanno di certo la colpa di essere stati assunti o per il fatto di godere di privilegi sconosciuti nell’economia privata) è perché storicamente tutti hanno alimentato il sistema all’insegna del «si è sempre fatto così», tirando giacchette e sollecitando l’assunzione. Perché se tu fai un piacere a me, poi io lo faccio a te. E allora via libera alla creazione di nuovi compiti, nuovi uffici, potenziamenti e assunzioni senza tregua, il tutto all’insegna di una conclamata incapacità di azione-reazione politica. Perché nessuno ha mai avuto il coraggio di dire «no» e, soprattutto, di motivarlo e di difenderlo. Ora si vuole dire «stop» e non è certamente sbagliato a prescindere. Sarebbe da sommi statisti se a prendere in mano le cose fosse il Governo di centrodestra o se lo facesse il Parlamento che ha le forze della stessa area per decidere. Invece spetterà al popolo semmai aggiustare ciò che la politica non è stata capace di fare. E a chiederlo è la stessa area che è stata emanazione del Governo politicamente in carica da anni. Il popolo sovrano si poteva anche non scomodare per direttissima.
Questa iniziativa ha il difetto di essere venduta come politica, quando invece è tecnica, perché agisce sulla base di formule, di automatismi, di soglie da raggiungere, inserendo la rigidità dei tetti massimi. Nell’era dell’intelligenza artificiale, una grande risorsa da usare con testa e cervello umano, si punta a fare in modo che a gestire la quota di personale dello Stato in proporzione alla popolazione residente in Ticino sia l’autopilota. Sulla base di questo obiettivo non rimane che chiederci, preoccupati per il nostro futuro, che ruolo avrà mai la politica, come pure i partiti, che sono la cinghia di trasmissione del nostro sistema democratico ma che spingono sempre più nella direzione di una robotizzazione di quelle scelte che un tempo prendevano gli uomini veri della politica.