Locarno 76 tra addii e visioni luminose
La 76. edizione del Locarno Film Festival, che si apre oggi, rischia di essere catalogata a priori come un momento di transizione. Transizione tra la manifestazione dello scorso anno, che ha festeggiato a dovere e con successo il traguardo dei tre quarti di secolo, e quella del 2024 che vedrà alla guida della rassegna la nuova Presidente designata Maja Hoffmann. L’annuncio, ancora freschissimo, della scelta della mecenate basilese per succedere a Marco Solari ha infatti aperto - per ora soltanto sulla carta, in attesa dell’effettiva entrata in carica il prossimo 20 settembre - affascinanti prospettive dal punto di vista organizzativo ma anche - è inutile negarlo - da quello artistico. Pur avendo candidamente ammesso, durante la conferenza stampa a cui ha partecipato la settimana scorsa, di non andare al cinema da due anni a questa parte, la signora Hoffmann è una personalità che di cinema se ne intende e che considera la settima arte sullo stesso piano delle altre. Nulla ci vieta di sognare, quindi, che in futuro, grazie alla sua intercessione e alla sua generosità, possano sbarcare sulle rive del Verbano quei divi (soprattutto hollywoodiani) che per ora sono appannaggio di festival più glamour come Cannes o Venezia. Se grazie alla nuova presidenza, il Festival guadagnerà non solo in solidità economica ma anche in appeal spettacolare non si potrà che esserne felici.
In attesa di questi (del tutto ipotetici) cambiamenti, sarebbe però un grave errore considerare Locarno 76 solo come una tappa di avvicinamento a un’avvenire ancor più radioso. In primo luogo perché il programma allestito da Giona Nazzaro e dai suoi collaboratori è allettante e in presa diretta sull’attualità, come ci racconta il Direttore artistico. In secondo luogo perché - come predica giustamente da oltre vent’anni Marco Solari - il Pardo non può fermarsi mai ma deve continuare, anno dopo anno, la sua corsa affrontando ostacoli sempre più ardui da superare. Prendere sottogamba anche una sola edizione significherebbe perdere terreno nei confronti della concorrenza e farsi risucchiare nella muta agguerrita e tumultuosa delle manifestazioni cinematografiche che rincorrono le capoliste, tra le quali Locarno occupa da sempre un posto di rilievo.
Nei prossimi mesi, del resto, molto probabilmente saranno alcuni degli altri grandi festival a perdere lucentezza rispetto alla rassegna ticinese. Basti pensare a cosa sarà la Mostra di Venezia 2023 senza lo stuolo di divi d’oltreoceano che è solita ospitare e che quest’anno non si faranno vedere a causa dello sciopero in atto di attori e sceneggiatori aderenti ai sindacati SAG-AFTRA. Neanche a Locarno 76 mancheranno le defezioni. Una già stasera, con l’assenza dell’attore britannico Riz Ahmed, mentre è ancora in forse la venuta di Cate Blanchett per la serata finale. Senza rispolverare il vecchio slogan «A Locarno le star sono i film», non si può quindi che esserne contenti che il core business del Pardo sia un altro. Se un cambiamento ci sarà sotto questo punto di vista, infatti, avverrà solo nel 2024, quando lo sciopero sarà ormai acqua passata.
Locarno 76 sarà segnato anche e soprattutto dall’addio di Marco Solari, la cui opera alla guida della manifestazione negli ultimi 23 anni è stata a dir poco prodigiosa. Chi fosse venuto per l’ultima volta a Locarno nel 1999 e vi tornasse oggi stenterebbe a riconoscere qualcosa, a parte forse lo schermo di Piazza Grande. E proprio su quell’immenso schermo sarà proiettato l’ultimo film dell’era Solari nella tarda serata di sabato 12 agosto. Una proiezione molto speciale, poiché a scegliere l’opera da mostrare al pubblico sarà, per una volta, il Presidente e non il Direttore artistico. Il titolo è ancora segreto e il «totofilm di chiusura» sarà di certo il tormentone dei prossimi undici giorni. Un motivo in più per seguire Locarno 76 e tornare ad appassionarci al cinema in grado di suscitare emozioni ma anche di renderci più coscienti di ciò che accade intorno a noi.