Locarno si sposi e diventi leader
Nell’ampio elenco degli argomenti che in Ticino provocano tellurici brontolii di stomaco, le aggregazioni comunali si giocano innegabilmente un posto sul podio. Ci sovviene l’ultimo distico di una poesia di Giovanni Orelli, in stretto dialetto leventinese, in cui in sostanza si afferma che «se si sposa anche il calzolaio vuol dire che il mondo è matto». Perché di matrimoni stiamo parlando. L’importante è che non siano di convenienza, controvoglia o per il timore di rimanere soli. Nel recente passato abbiamo avuto dei poco fulgidi esempi in tal senso. Pensiamo a quanto capitato esattamente vent’anni fa, con la fusione coatta di Aquila nel neonato ente locale di Blenio, sancita da una sentenza del Tribunale federale. I giudici di Mon Repos dovettero esprimersi pure sui ricorsi di Bignasco (nella nuova entità di Cevio), di San Nazzaro (in Gambarogno) e di Vergeletto (in Onsernone). Tutti respinti. Poi però venne accolto quello di Lavertezzo, che comportò la modifica della legge e la ripartenza del progetto in Valle Verzasca.
Tutto ciò rende bene l’idea di quanto la tematica sia spinosa. Ne è consapevole il Dipartimento delle istituzioni, che dall’avvento al timone nel 2011 di Norman Gobbi ha cambiato strategia, cercando un maggiore coinvolgimento fin da subito delle autorità locali, auspicando l’avvio di iniziative promosse «dal basso». Per evitare, di conseguenza, imposizioni sempre malviste. Il Locarnese è il distretto che, fin qui, si è dimostrato riluttante anche solo ad un’entrata in materia. Qualcosa nell’ultimo anno è tuttavia cambiato. Sono stati identificati due possibili scenari che coinvolgono potenzialmente nove enti locali. Il primo, definito «Urbano», potrebbe riguardare Losone, Locarno, Orselina, Brione sopra Minusio e Minusio. Il secondo, «Piano», includerebbe per contro Gordola, Lavertezzo, Cugnasco-Gerra e Tenero-Contra. Ascona e Muralto stanno alla finestra, mentre Lavertezzo da promesso sposo di Locarno (l’istanza è stata approvata dal Governo un anno fa) pare oramai destinato ad un altro fidanzamento.
Come abbiamo riferito ad inizio settimana, l’opzione lago-città-collina è quella che sembra avere le carte in regola per poter essere concretizzata in tempi relativamente brevi. Riguardo alla seconda, invece, c’è qualche reticenza in più. Poco male, oseremmo dire. In quanto il sì convinto di Locarno è fondamentale per poter sperare di dar vita – in più fasi, certo – ad un polo forte. La Nuova Bellinzona e Mendrisio (venuto al mondo in tre tappe) hanno indicato la via da seguire: il successo di una fusione passa dalla volontà, convinta, dei Comuni e di chi li amministra. Sono imprescindibili delle personalità forti ed empatiche in grado di far passare il messaggio e condurre in porto quei progetti strategici (spesso regionali) indispensabili per rafforzare la qualità di vita degli agglomerati.
Coloro che hanno già pronunciato il fatidico sì ed aspettano solo di conoscere le prime storiche istituzioni sono i nascituri Comuni di Giornico e Quinto, frutto dell’aggregazione – rispettivamente – con Bodio e Prato Leventina. Gli aventi diritto di voto si esprimeranno alle urne il 6 aprile. Lunedì prossimo, dopo la consegna delle liste, dovremmo già avere un’indicazione chiara di chi potrebbe essere chiamato a «governare» i due paesi. Che, storicamente, sono in mano all’ex PPD (oggi Il Centro) in bassa ed al PLR in alta valle. I comprensori hanno una voglia matta di modellare il proprio destino, di rilanciarsi, di avere più voce in capitolo e non essere considerati – a torto – «solo» una regione periferica.