L'editoriale

L'Ucraina e il sogno di una pace imposta

Stando al diritto internazionale le ragioni stanno tutte dalla parte di Kiev, per quanto concerne il controllo dei territori invasi dall’esercito russo – Ma di questi tempi il diritto internazionale e gli appelli dell’ONU valgono sempre meno in diversi Paesi del mondo
Osvaldo Migotto
18.01.2024 06:00

Il presidente ucraino Zelensky ha corso dei rischi nell’affrontare il viaggio che l’ha portato a Berna e a Davos. Un rischio che sapeva di dover correre per riportare l’attenzione della comunità internazionale sul dramma che il suo Paese sta vivendo ormai da quasi due anni. Il Cremlino, come noto, non disdegna metodi poco ortodossi per liberarsi di scomodi avversari dentro e fuori i confini russi, ma il condottiero ucraino non si è fatto intimorire.

La sua presenza al Forum economico mondiale ha permesso a Kiev di mettere al centro dei colloqui il futuro dell’Ucraina, sia per quanto riguarda l’avvio di un ipotetico cammino verso la pace, sia per quanto riguarda la difesa dall’aggressione russa e la futura ricostruzione del Paese. Il presidente ucraino ha lanciato un appello al nostro Paese affinché si adoperi nel favorire un piano di pace in grado di porre fine allo spietato conflitto, mentre le autorità federali hanno fatto sapere che verificheranno quale passo verso la pace sia possibile fare.

Il nostro ministro degli Esteri Ignazio Cassis ha precisato che prossimamente si recherà in India e in Cina per cercare di ottenere il sostegno di questi due potenti Paesi, che hanno forti legami con la Russia, nella creazione di un cammino verso la pace. Chiaramente, alla fine anche Mosca dovrà essere coinvolta nei negoziati, tuttavia al momento il cammino si preannuncia lungo e tortuoso, considerato che le posizioni dei due belligeranti ora appaiono inconciliabili, con Putin che ritiene fuori discussione un ritiro dai territori occupati. Stando al diritto internazionale le ragioni stanno tutte dalla parte di Kiev, per quanto concerne il controllo dei territori invasi dall’esercito russo. Ma di questi tempi il diritto internazionale e gli appelli dell’ONU valgono sempre meno in diversi Paesi del mondo.

La stessa Cina, a cui ci si vorrebbe rivolgere affinché si adoperi a favore della pace, negli ultimi tempi ha dichiarato a più riprese di essere pronta ad usare la forza pur di portare Taiwan sotto il suo controllo. Non stupisce dunque che il presidente ucraino oltre a chiedere l’aiuto della Svizzera per l’avvio di un processo di pace, si sia rivolto alla comunità internazionale affinché continui a sostenere lo sforzo bellico di Kiev. Anche corteggiare a Davos i grossi investitori presenti al meeting, in vista della ricostruzione postbellica dell’Ucraina, ha un senso per la dirigenza politica ucraina, ma l’incertezza che grava sul futuro del Paese non favorirà il flusso degli investimenti stranieri.

Sul futuro dell’Ucraina peserà molto l’esito delle elezioni americane di novembre. La probabile vittoria di Donald Trump nella corsa alla Casa Bianca rischia di avere conseguenze nefaste per Kiev che già ora ha visto bloccare al Congresso, da parte dei repubblicani, i nuovi sostanziosi aiuti militari previsti dall’amministrazione Biden. Un ritorno di Trump alla Casa Bianca darebbe il colpo finale al sogno covato da Zelensky di una pace imposta a Mosca grazie ai successi sul campo dell’esercito ucraino, che nel corso del 2024 conta di ottenere la supremazia nei cieli con l’entrata in campo degli F-16 promessi dall’Occidente. Berlino e Parigi in questi giorni hanno annunciato nuovi aiuti militari per Kiev. La Germania nel 2023 ha fornito all’Ucraina armamenti per 5,4 miliardi di euro e nel 2024 vorrebbe far salire a 8 miliardi di euro tale aiuto, ma rispetto a quanto fornito dagli USA rappresenta ben poca cosa. Inoltre, diversi Governi alleati di Kiev stanno vivendo crescenti contestazioni interne legate all’inflazione e diversi cittadini si oppongono al fiume di aiuti all’Ucraina. Se a Putin basta aumentare il numero degli arrestati per tenere a bada chi contesta le sue politiche, per i Governi democratici in Europa e USA il malcontento popolare può facilmente trasformarsi in sconfitta elettorale. Zelensky dovrebbe dunque tenerne conto nei suoi calcoli.

In questo articolo: