Ma senza vere intese non si va lontano
Dall’animato dibattito di ieri al Nazionale sull’esercito è uscita un’indicazione di fondo. La maggioranza politica «borghese» vuole accelerare il potenziamento delle forze armate (con 4 miliardi di franchi in più nel quadriennio 2025-2028) e ottenerlo soprattutto tramite risparmi, ma non è in grado di mettere a punto un piano concreto e politicamente sostenibile per finanziarlo. Per ora si è limitata a sgombrare il campo dalla soluzione apparentemente più comoda, la creazione di un fondo speciale di 10 miliardi che l’esercito stesso avrebbe dovuto ripagare entro il 2045 con compensazioni nei propri bilanci; una strada che avrebbe permesso di aggirare il doloroso capitolo dei risparmi ma anche piena di incognite e rischiosa, perché suscettibile di aprire una breccia nel freno all’indebitamento, scatenando costosi appetiti in altri settori. Le stesse (e giustificate) preoccupazioni, in giugno, avevano portato all’affossamento, nel Consiglio degli Stati, della proposta del centrosinistra di creare un fondo di 15 miliardi, 10 per l’esercito e 5 per la ricostruzione dell’Ucraina. Ma questo, ovviamente, non basta, se poi non si è in grado di affrontare di petto i problemi e venire al dunque. I partiti che sostengono la difesa armata avrebbero i numeri necessari per rivedere il budget della Confederazione e fare nuove scelte di priorità in tema di spesa. Per ora, ciascuno preso dalle sue convinzioni, si sono dimostrati incapaci di fare quadrato, di superare certi steccati e di seguire una linea coerente con l’obiettivo di mettere l’esercito in condizione di assolvere la propria missione. Le lacune, già note, sono apparse ancora più evidenti dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, che ha spinto buona parte del mondo politico a rivalutare la serietà della minaccia militare. Nei precedenti trent’anni, grazie alla fine della guerra fredda, la quota del bilancio federale destinata alla Difesa è passata dal 15,5% al 6,5%, mentre rispetto al PIL le spese militari sono scese dall’1,3% allo 0,7%. Questa prolungata riduzione ha avuto un impatto in termini di capacità. Oggi, su 17 battaglioni di fanteria, solo sei sono interamente equipaggiati. Su quattro gruppi d’artiglieria, uno solo è pienamente efficiente. Su sei battaglioni carri, quelli completamente equipaggiati sono due.
Gli ultimi due anni e mezzo sono stati segnati da slanci e frenate, da affondi e ripensamenti, complice il fatto che il bilancio federale, indipendentemente dall’esercito, si troverà presto alle prese con deficit miliardari. Dal Parlamento sono giunti finora segnali contraddittori. In giugno gli Stati hanno deciso di aumentare di 4 miliardi di franchi il budget quadriennale. L’idea è di finanziare questo supplemento di spesa tramite tagli nella cooperazione internazionale (2 miliardi) e risparmi nell’Amministrazione (almeno mezzo miliardo nel solo DDPS). La settimana scorsa, discutendo del credito per l’aiuto allo sviluppo, la stessa Camera dei Cantoni ha fatto mezza retromarcia, decidendo per ora di non tagliare alcunché. Anche il Nazionale non ha voluto fornire cifre vincolanti. Si resta sempre in mezzo al guado. Tutto è rinviato a dicembre, ma il quadro resta molto fragile: credere di poter risparmiare grosse cifre sulla cooperazione internazionale, dove le resistenze sono fortissime a molti livelli, è illusorio. Quanto alla riduzione dei riversamenti fiscali ai Cantoni, è ancora più improbabile. Ci sono troppe opposizioni e veti incrociati.
Altre vie d’uscita? Nella consapevolezza che una soluzione in tempi brevi non può fare a meno di considerare anche un aumento delle entrate, agli Stati è pendente una richiesta di aumento dell’IVA (1 punto in totale) per finanziare l’esercito e l’AVS. Proprio ieri questa proposta, che demanderebbe in ultima istanza a popolo e Cantoni la risposta sul potenziamento della Difesa, è stata rimandata in commissione. Su questo terreno, del resto, è già attivo il Governo, che vorrebbe finanziare la 13. AVS esclusivamente con un rialzo dell’IVA di 0,7 punti. Sta di fatto che la difficoltà a trovare un compromesso accettabile contrasta con la necessità, riconosciuta dai più, di far fronte alle nuove minacce e l’asserita volontà di ristabilire le capacità di difesa. Un prezioso punto d’appoggio alternativo potrebbe essere (paradossalmente) il rapporto del gruppo di esperti presieduto da Serge Gaillard e incaricato dal Consiglio federale di proporre interventi per alleggerire il budget della Confederazione. In questo documento, che in realtà propone di limitare l’aumento del budget dell’esercito, la maggioranza potrebbe trovare abbastanza spunti per mettere a punto un progetto serio di controfinanziamento delle spese militari. È rimasto poco tempo per serrare le file.