L'editoriale

Mobilità e trasporti, il sistema è fragile

Incidente e non tragedia al San Gottardo: ma non basta incrociare le dita e dire «oggi è andata bene»
Gianni Righinetti
17.08.2023 06:00

Occorreranno mesi e tanta pazienza prima di poter parlare nuovamente di «normalità» per il sistema ferroviario tra il Sud e il Nord delle Alpi. Il deragliamento di un treno merci nella galleria di base del San Gottardo è in realtà molto più grave di quanto si è voluto far credere alla fine della scorsa settimana, quando, con incredibile superficialità, era stata veicolata l’aspettativa di disagi contenuti in un pugno di giorni. I vertici delle FFS hanno voluto essere rassicuranti e ottimisti, ma il tutto è stato inutile e fin goffo perché, da subito, si era intuito che i danni alle strutture del tunnel adibito all’alta velocità sotterranea erano importanti e che già solo rimuovere il materiale rotabile deragliato era operazione complessa. Per non parlare poi della conta reale dei danni a binari e sensori che sono chiamati a garantire piena sicurezza alle persone e certezza di trasporto alle merci. Oggi i numeri che sono stati presentati sono importanti. Oltre al danno alla porta che separa le due canne, ci sono 8 chilometri di binari e 20.000 traverse in calcestruzzo da sostituire. Cosa significhi dal profilo tecnico e pratico lo lasciamo dire a chi è del mestiere, ma appare a chiunque che non si tratta di una passeggiata. E sarà pure una botta a livello finanziario, anche se ad oggi le FFS evitano qualsivoglia speculazione d’ordine finanziario. Ristabilire in tempi il più rapidi possibili (parliamo purtroppo di mesi) il sistema è una priorità che fa ombra ad ogni ipotesi di spesa.

Oltre a capire esattamente cosa sia accaduto e cosa eventualmente ha fatto cilecca nel sistema di sicurezza, resta da ricostruire come mai nella prima fase di questo incidente le FFS siamo rimaste sostanzialmente sole, mentre ci si poteva attendere una partecipazione più attiva da parte del DATEC che, apparentemente, si è mosso solo dietro le quinte. Solo ieri il consigliere federale e responsabile del DATEC Albert Rösti si è fatto sentire da una parte con la scontata frase «sono felice che non ci siano stati feriti», alzando poi lo sguardo per dire che «quanto accaduto mi preoccupa. Sarà necessario ora riflettere sul futuro dell’importante infrastruttura dell’asse che collega il Nord e il Sud del Paese». Una frase fatta e poco concreta, anche perché se pensiamo ai collegamenti tra i due fronti del San Gottardo, non si può ignorare il proseguimento a Sud di Lugano di AlpTransit. Ecco perché la presa di posizione del consigliere federale appare una beffa perché giunge in concomitanza della decisione di ampliamenti ferroviari in Svizzera con la richiesta di crediti per 2,6 miliardi di franchi, ma senza neppure un cenno a quella falla progettuale che porta tutti i treni (passeggeri e merci) a finire nell’imbuto della vecchia linea che percorre il Ceresio e il Mendrisiotto.

Tutti siamo sollevati dal fatto che a deragliare siano stati vagoni con inanimate merci e non persone, ma non si può far finta di nulla e incrociare le dita per affermare che «oggi ci è andata bene», speculando che sarà sempre così. Il «rischio zero» non esiste, ma dai vertici delle FFS come pure da quelli politici, possiamo e dobbiamo pretendere maggiore chiarezza sulla situazione pre-deragliamento e quella che sarà la situazione post-deragliamento, dall’inizio del 2024 quando (incrociamo pure un’altra volta le dita) sarà nuovamente «normalità».

In questi giorni tutti i treni viaggiatori sono tornati a percorrere la suggestiva linea di montagna, con i passeggeri a transitare da Airolo per poi osservare nuovamente la chiesa di Wassen, ma con tempi di percorrenza maggiorati e capacità di trasporto ridotte. Il tutto mentre si consumava l’ultima tranche del controesodo dei vacanzieri. Da una parte possiamo rallegrarci che quei binari non siano stati rimossi e che sia rimasta in attività un’alternativa, senza la quale non avremmo avuto alcun piano B. Ma la realtà dei fatti di questo incidente (e fortunatamente non disgrazia come avvenne nella galleria autostradale del San Gottardo, dove morirono 11 persone nel 2001) ci esorta una volta ancora ad aprire gli occhi. Passano gli anni, le tecnologie si fanno sempre più evolute e i tempi di percorrenza per uomini e cose sempre più ridotti. Ma, ieri come oggi (e verosimilmente domani), c’è una costante: il sistema che regge trasporti e mobilità rimane fragile.

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