Sanità, l'occasione per dare una svolta
Un elettore su quattro non sa ancora che cosa votare il 24 novembre sulla riforma sanitaria. Al di là del perfetto equilibrio tra favorevoli e contrari, 38% a testa, è l’indicazione principale scaturita dal sondaggio di Tamedia pubblicato in settimana. Segno che le opinioni non si sono ancora consolidate e che i due fronti hanno ancora ampi margini per influenzarle. L’indecisione è più che comprensibile. Il tema è complesso anche se il principio alla base del finanziamento uniforme delle prestazioni stazionarie e ambulatoriali è tutto sommato abbastanza semplice. Oggi le cure ambulatoriali (day hospital) e quelle ospedaliere vengono finanziate in modo diverso. Nel primo caso la fattura è totalmente a carico degli assicuratori, mentre nel secondo viene pagata dallo Stato (Cantoni) nella misura del 55%. Se un’operazione costa 5 mila franchi in ambulatorio e 7 mila in ospedale (a causa della degenza), la cassa malati non ha alcun incentivo a promuovere la soluzione ambulatoriale, meno costosa. In ospedale, infatti, la stessa prestazione costa alle casse solo 3.150 franchi, perché il restante 55%, vale a dire 3.850 franchi, è a carico del Cantone. Secondo uno studio, in Svizzera solo il 20% degli interventi chirurgici viene effettuato in regime ambulatoriale, mentre in altri Paesi la quota è nettamente superiore. La riforma, conosciuta anche con l’acronimo per niente sexy «EFAS», dovrebbe favorire il trasferimento dallo stazionario all’ambulatoriale e dare un impulso alle cure integrate per i malati cronici. In futuro, per tutte le prestazioni dell’assicurazione obbligatoria, comprese le cure di lunga durata e a domicilio, i costi saranno sostenuti nella misura del 26,9% dai Cantoni e del 73,1% dagli assicuratori. Per i favorevoli ci sarà la possibilità di correggere un difetto di progettazione del sistema, eliminare gli incentivi negativi e di coordinare meglio le cure, realizzando notevoli risparmi, a tutto vantaggio di chi paga i premi. Per i contrari, invece, ci saranno due grandi perdenti: gli assicurati, che finiranno per pagare premi più alti e il personale sanitario, per il degrado delle condizioni di lavoro. La domanda quindi è: sull’onda della vittoria contro la LPP, riusciranno anche stavolta i sindacati, abilissimi in questo genere di campagne, ad affondare una grossa riforma? Si preannuncia un confronto molto serrato. La situazione di partenza degli schieramenti politici complica l’orientamento. In Parlamento l’EFAS è passata a larga maggioranza, con il sostegno di tutti i gruppi. Ma in realtà i socialisti sono divisi (i Verdi hanno lasciato libertà di voto) e anche nell’UDC, i cui delegati decideranno oggi le parole d’ordine, c’è una grossa frattura: da un lato la maggioranza del gruppo a Berna, sostenuta da alcuni responsabili cantonali della Sanità, dall’altra il presidente Marcel Dettling, il capogruppo Thomas Aeschi e Magdalena Martullo-Blocher (che temono un aumento dei premi). Se si imponessero questi ultimi, i referendisti otterrebbero un sostegno insperato. Le loro chance di successo aumenterebbero.
Negli argomenti sindacali, tuttavia, ci sono almeno un paio di forzature. Primo: i premi, si dice, dovrebbero aumentare a causa dell’inclusione nella riforma delle cure di lunga durata, che costano di più. In particolare si punta l’indice contro la lobby delle casse malati – un argomento che fa sempre effetto – quando in realtà sono stati i Cantoni a volere questa modifica, pena la bocciatura della riforma. Secondo: le condizioni di lavoro del personale, stando ai referendisti, sono destinate a peggiorare a causa delle necessità di contenimento dei costi. Non si capisce, però, che interesse avrebbero i vari datori di lavoro a spremere i dipendenti in un settore che ha vieppiù bisogno di personale qualificato. È significativa anche la decisione dell’Associazione svizzera degli infermieri, un attore importante del settore, di non prendere posizione sul referendum, per concentrarsi sull’attuazione dell’iniziativa sulle cure infermieristiche. Insomma, la categoria indicata dai contrari come vittima non vuole farsi coinvolgere nella disputa politica.
La riforma gode di un ampio sostegno nel settore sanitario che va dagli assicuratori (pur con qualche distinguo) ai medici, dagli ospedali al settore delle cure a domicilio. Anche i Cantoni sono in maggioranza favorevoli (il Ticino è contrario perché teme aggravi di spesa). Dopo 14 anni di lavori in Parlamento è stato raggiunto un ampio compromesso, che è un prerequisito per la riuscita di qualsiasi riforma, a maggior ragione in un settore come quello della sanità, spesso paralizzato dai veti incrociati. Con tutte le legittime perplessità che si possono avere, ora c’è l’occasione per dare una svolta e rimodellare il sistema sanitario. L’alternativa è lo statu quo e l’assenza di vere riforme per chissà quanto tempo.