L'editoriale

Scelta ristretta, partita aperta

Markus Ritter non è più il grande favorito e la partita per la successione di Amherd si presenta molto aperta con Martin Pfister
Giovanni Galli
10.03.2025 06:00

«Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, l’uomo con la pistola è un uomo morto». Tradotto in politica, il famoso proverbio messicano ripreso nel western Per un pugno di dollari ha quasi sempre trovato conferma nelle elezioni dei consiglieri federali. L’uomo (o la donna) con il fucile è il candidato – non importa di che partito – già attivo a livello parlamentare, mentre quello con la pistola è lo sfidante esterno, per lo più sconosciuto ai membri dell’Assemblea federale. Nel 2018, l’allora consigliera nazionale Viola Amherd superò al primo turno la consigliera di Stato di Uri Heidi Z’graggen, con 148 voti contro 60. Ma nella storia recente ci sono stati anche strappi alla regola, come nel caso di Beat Jans (che però era stato per dieci anni deputato a Berna), di Eveline Widmer-Schlumpf nel 2007 (eletta al posto di Christoph Blocher in circostanze del tutto particolari) e di Ruth Metzler nel 1999. In febbraio, quando il Centro ha annunciato le candidature al Consiglio federale, si poteva pensare che Markus Ritter, al Nazionale dal 2011 e presidente dell’Unione dei contadini, fosse l’uomo con il fucile e che il consigliere di Stato di Zugo Martin Pfister quello con la pistola. Ma adesso, a due giorni dall’elezione, è difficile dire chi è il meglio armato. Ritter non è più il grande favorito e la partita per la successione di Amherd si presenta molto aperta, perché nonostante la brevità della campagna il politico zughese si è dato molto da fare a Berna e, anche per ragioni contingenti, sembra aver recuperato terreno. Eloquente in proposito il fatto che nessuno azzardi pronostici. È anche assai probabile che non ci saranno tentativi di scombussolare la competizione con candidature dell’ultimo minuto o con operazioni di disturbo, malgrado nei vari gruppi parlamentari serpeggi una certa insoddisfazione nei confronti del Centro, per la scelta ristretta lasciata agli elettori. Il partito propone gli unici due candidati rimasti in corsa dopo una lunga serie di rinunce eccellenti, senza aver svolto un vero lavoro di selezione. D’altra parte, come hanno dimostrato le tornate degli ultimi 16 anni, nessuna formazione politica di Governo ha interesse a votare all’infuori dei ticket ufficiali, ormai diventati una polizza di assicurazione contro le imboscate, benché limitino la libertà di scelta dell’Assemblea federale.

Ritter ha dalla sua parecchi atout. Conosce come le sue tasche il Palazzo e il suo funzionamento. È alla guida della lobby dei contadini, forse la più potente in assoluto. Ha vinto varie votazioni popolari, riuscendo a bloccare proposte che avrebbero condizionato il settore primario. Ha lottato con successo per il sovvenzionamento dell’agricoltura, il che gli ha pure procurato la fama di lobbista senza scrupoli. La sinistra non lo vede affatto di buon occhio, mentre nel PLR ci sono anche pareri critici. Le sue posizioni, il suo rapporto con il potere e il modo di fare deciso e assertivo gli hanno creato anche molti nemici. Parte dei quali si sta adoperando non tanto perché convinta delle capacità di Pfister ma per sbarrare la strada al politico sangallese – ieri la NZZ am Sonntag parlava di «riflesso anti-Ritter» – ritenuto inadatto a ricoprire collegialmente il ruolo di consigliere federale. Dal canto suo, Pfister, colonnello, con un atteggiamento riflessivo e orientato al consenso, parte con l’handicap di essere poco conosciuto e di non disporre ancora degli strumenti per muoversi abilmente nei meandri di Palazzo. A parte la frangia anti-Ritter, potrebbe pescare voti fra le donne a cui non piacciono le posizioni conservatrici del presidente dei contadini, fra i Verdi liberali e fra chi preferirebbe avere in Governo una personalità proveniente da un cantone finanziatore della perequazione ed economicamente liberale. Ma proprio per questo potrebbe incontrare anche resistenze a sinistra, dove c’è anche chi vede in Ritter un possibile contrappeso alla «ministra» delle Finanze Karin Keller-Sutter. Ritter dovrebbe avere dalla sua quasi tutto il gruppo UDC e contro quello più piccolo dei Verdi. Saranno pertanto decisivi i voti del PLR, dello stesso Centro e del PS. Ben inteso, da parte del centrodestra conterà anche un altro ragionamento: quanto la scelta del successore di Amherd inciderà sugli equilibri in Governo in senso maggiormente «borghese». Bisogna comunque tenere conto che non si tratta di un’elezione normale, dove contano le conoscenze personali e le simpatie. C’è una variabile in più, tutt’altro che secondaria. È praticamente certo che l’eletto andrà a dirigere il Dipartimento della difesa. Non bisogna designare un semplice consigliere federale ma il più idoneo a ricoprire un ruolo specifico in un momento difficile. I grossi problemi interni al DDPS e i cambiamenti geopolitici intervenuti dopo l’insediamento di Trump rendono la scelta ancora più ostica.    

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