Tragedia, solidarietà e le solite polemiche
Lassù in Vallemaggia qualcosa è cambiato. E lo sarà per l’eternità dal profilo della morfologia del territorio che non tornerà mai più come prima, al punto che occorrerà ridisegnare la cartografia. Come, purtroppo, non potranno più tornare in vita le vittime di quel disastro mentre rimangono ufficialmente tre i dispersi. Un altro elemento della tragedia che deve affrontare chi non ha avuto l’umana possibilità, e forse mai potrà averla, di piangere davanti a una salma, elaborando così il distacco da un proprio caro travolto in quello scombussolamento generato da un evento naturale estremo. Una furia della natura con massi, anche di dimensione ragguardevole, da secoli immobili, rotolati fin laggiù, dove non erano mai stati. Con quelle montagne tanto affascinanti quanto impietose parzialmente franate, stravolte al nostro sguardo. Chi ha potuto osservare la valle dall’alto volando in elicottero ha avuto una percezione fin troppo chiara della distruzione dei manufatti eretti dall’uomo con tecniche tanto datate, quanto efficaci nella loro semplicità e stabilità centenaria. Ferite nel territorio e nelle menti delle persone tanto duramente colpite che faticheranno a cicatrizzare. Spostare tutto il materiale sceso a valle appare un’operazione irrealistica, occorrerà attendere il decorso naturale affinché quel mutamento delle forme del territorio diventerà stabile e al di sopra crescerà vegetazione, dando così una parvenza di «normalità». Poi si tratterà di capire quali zone potranno essere considerate «sicure» e quali «off limits». Sarà un lungo percorso ad ostacoli che richiederà pazienza, dedizione, sangue freddo, solidarietà e collaborazione. Elementi, in particolare gli ultimi due citati, che hanno conosciuto concretezza da subito. Nelle difficoltà si risveglia in noi un autentico sentimento di orgoglio elvetico, come quello che avevamo sbandierato quando la pandemia aveva messo in ginocchio molti Stati cicala, mentre l’elvetica formica, grazie alla dedizione, la serietà e la perseveranza, si era trovata capace di intervenire, aiutare e non lasciare solo nessuno. Una realtà derivante non dalla fortuna, bensì dalla coscienza di chi, prima di noi, ha reso la Svizzera modello di serietà e garanzia. Tutti (più o meno) lo riconoscono, ma la tentazione di scivolare nella polemica è troppo forte.
Polemica che si era manifestata fin «preventivamente» nelle parole del consigliere nazionale della Lega Lorenzo Quadri a prendersela con l’allerta «farlocca» di MeteoSvizzera solo poche ore prima del mortale disastro. Non fosse tutto così tragico la si potrebbe definire una «figura marrone» e ricordare che già anni fa l’allora direttore di Ticino turismo Giuseppe Stinca fu protagonista dell’ormai storica e risibile sollecitazione a «previsioni meteo più ottimistiche». Ma quella vicenda mise solo in evidenza un incontenibile senso del ridicolo. Così, anche oggi, come era già accaduto ieri in occasione di altre difficoltà, il passaggio dal sentimento dello sgomento a quello della rivendicazione è breve. La formula è un po’ sempre la stessa, contraddistinta dal «sì, ma…». Va bene la Svizzera, va bene l’intervento d’emergenza, ma ora si faccia molto di più e subito. La polemica trova sempre una via preferenziale, quella del mondo della politica, perché fare la voce grossa attira i riflettori della ribalta. Noi non vogliamo nutrire dubbi sul fatto che in Vallemaggia si ricostruirà. Restiamo ottimisti. Per contro nell’UDC si è fatta subito la voce grossa per i danni provocati dal maltempo in Ticino, Vallese e Grigioni: «Invece di inviare denaro per la ricostruzione in Ucraina - ha scritto il consigliere nazionale UDC Piero Marchesi - i fondi dovrebbero essere utilizzati qui». Mentre il presidente nazionale dell’UDC Marcel Dettling ha invocato un referendum, perché «sarebbe meglio donare il denaro a coloro che sono stati gravemente colpiti dalle intemperie invece di buttarlo per un imbarazzante evento arcobaleno» riferendosi ad Eurovision, incassando però a stretto giro di posta la reazione del suo ministro, Albert Rösti: «Per noi è un’opportunità».
Per carità, evviva la libertà d’espressione ma tutto questo a cosa conduce se non ad inutili tensioni che fanno perdere tempo, energie e generano irrazionali incertezze sulla reale capacità o volontà di intervenire? Al cospetto di tutte queste parole, vale la pena rifarsi a un uomo di poche parole, il direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali che ha detto, siamo la Svizzera e come accaduto ai tempi del Covid i soldi si troveranno. L’aspettativa è tanta, ma non c’è motivo per lasciarsi andare allo sconforto e perdere la fiducia. Men che meno di alimentare polemiche fini a sé stesse, adoperandosi però nel trasformare le parole (tante o poche) in fatti.