L'editoriale

Turismo, albergatori, umori e lamenti

Chiusura con il segno meno, ma il bicchiere è mezzo pieno anche se è arrivato il tempo di rimboccarsi le maniche
Gianni Righinetti
22.02.2025 06:00

Chiusura con il segno meno, ma il bicchiere è mezzo pieno. Il 2024 del turismo cantonale lo possiamo riassumere in questa frase che, grazie alla sua rima, rende quasi più appetibile il concetto e ne permette una più ampia divulgazione con un amaro sorriso. Poi occorre capire cosa c’è dietro la rima e cosa ha portato alla situazione del presente, non drammatica, ma neppure bella al punto da generare entusiasmo e indurre tutti gli attori protagonisti a sognare ad occhi aperti: turisti in massa, incassi a palate con l’immaginario celebre tuffo nelle monete di Zio Paperone. Anche se l’esperienza e la fisica ci insegnano che non è possibile nuotare nelle monete, ci si farebbe un gran male. Ma mettiamo da parte un momento i soldi e osserviamo la realtà di un mondo che è certamente complicato, ma indubbiamente non meno di altre realtà economiche. Un comparto che ha conosciuto il brusco stop della pandemia, che però oggi non è più un tema. La voglia di viaggiare, di spostarsi e di visitare non è stata annullata dal Covid. In Svizzera lo testimonia la crescita record del 2024, con 9 regioni su 13 che sono uscite vincenti; mediamente a livello nazionale i pernottamenti sono progrediti del 2,6%, bruciando il primato dell’anno precedente e dicendoci che ad avanzare è la domanda che arriva dall’estero, mentre quella interna, di fatto, marcia sul posto.

Ma perché tra le regioni che sorridono manca il nostro Ticino? Terra latina, terra di sole, terra di laghi e montagne. Nota come la Sonnenstube nazionale. E il sole, o meglio, l’assenza dei suoi raggi e del calore che emana, viene considerato da Ticino turismo alla base delle poco rallegranti notizie del fresco bilancio annuale. Anzi a determinare la flessione dell’1,5% dei pernottamenti è stata proprio la Pasqua piovosa e fresca, unitamente ai drammatici e tragici eventi di fine giugno che hanno massacrato la Vallemaggia facendo venire meno una regione che genera attrazione estiva per chi pernotta ovunque in Ticino. Nella speranza che drammi simili non si ripetano, di certo torneremo ad avere una Pasqua piovosa così il tutto sembra un po’ riduttivo e l’ammissione di una fragilità che non può essere arrendevolmente dichiarata da un comparto che genera circa il 10% del PIL e il 12% del totale dei posti di lavoro in Ticino. Ben sappiamo che i concorrenti svizzero tedeschi fanno uso della scaltrezza e della scorrettezza con grande facilità. Quando si avvicina la Pasqua il mantra è sempre lo stesso: «Non andate in Ticino, colonne al San Gottardo e pioggia garantita». Fa sorridere, persino ridere che ci si spaventi di fronte a questo. Un tempo alla testa del turismo nostrano c’è stato un personaggio che esortava Locarno Monti e i divulgatori delle condizioni meteo a edulcorare le immagini satellitari, per far passare un bollettino meteo più ottimistico. Tempi, fortunatamente, passati. Insomma, ci ispiriamo alle grandi destinazioni turistiche, ma ci fa paura dire che, anche da noi, può capitare di aprire l’ombrello. Passano gli anni, si veicola la necessità di dare vita a una destagionalizzazione del turismo e, nonostante l’apporto della pioggia, il bicchiere rimane mezzo vuoto. L’esortazione agli attori del turismo è di riempire le teste, renderle colme di idee, di promozioni innovative e stuzzicanti. E a chi in Ticino ricopre il ruolo di frenare all’insegna del «meglio di no», di considerare che restare chiusi non porta da nessuna parte. Chiusi, come lo sono troppi commerci o luoghi di aggregazione nei dì della festa. I turisti lo dicono, questo è un limite del Ticino dallo spirito latino più nell’immaginario che nella realtà.

Una realtà, quella del turismo, che deve indurre gli albergatori vecchio stile a considerare che il mondo cambia e i turisti non sono polli da spennare. Capiscono se un albergatore non è più al passo con i tempi ma si limita a mantenere alto il prezzo di camere démodé. Oggi la concorrenza è spietata, i modelli stile Airbnb stanno prendendo il largo ed illudersi di mettere un argine facendo in modo che la burocrazia, la politica e lo Stato fissino ulteriori paletti per rendere loro la vita più difficile è un’illusoria speranza. Nella società liquida gli argini non reggono, non si può credere siano stagni solo perché a qualche mammasantissma del turismo farebbe comodo così.

È tempo di rimboccarsi le maniche, anche se sappiamo molto bene quale sarà la logica che osserveremo nei prossimi mesi. Il credito quadro quadriennale del Governo dotato di 42 milioni di franchi, nel 2025 giungerà al capolinea temporale ed è già partita, con stile per carità, la corsa a tirare giacche e giacchette per ottenere di più a partire dal 2026. Il mantra è sempre lo stesso: occorre investire di più per ottenere maggiore ritorno, i competitor godono di condizioni quadro migliori, a lungo andare non si può restare al palo. Concetti triti, ritriti e ridondanti. Il lamento generato dall’abitudine, dall’attitudine o dall’eterna insoddisfazione, dovrebbero averlo capito anche nel turismo, non fa bene a nessuno. Quello che ci attende sarà l’anno della svolta o dei soliti mugugni e lamenti?