Un LAC finalmente completo (o quasi)

La musica è da sempre un argomento sensibile nella vita sociale luganese e attorno ad essa non mancano discussioni, dibattiti e considerazioni, soprattutto in un momento come questo in cui certe consolidate dinamiche stanno mutando: i cambiamenti all’interno di storici eventi che da totalmente gratuiti stanno diventando a pagamento, la carenza di spazi a disposizione per i giovani (ma non solo), le difficoltà nel reperire finanziamenti, ecc. C’era dunque molta attesa alla vigilia della presentazione della nuova stagione musicale del LAC, soprattutto alla luce dei cambiamenti intervenuti a seguito dell’accorpamento, da parte del centro culturale, di quella Fondazione LuganoMusica che per anni ne ha gestito la parte musicale. Con grande successo, va detto, ma anche con qualche perplessità legata principalmente alla limitazione della sua azione al solo settore classico, ignorando ogni altro genere – come il jazz che pure a Lugano vanta una grande tradizione e seguito, ma anche il rock classico e il pop di classe, particolarmente gradito al suo pubblico di riferimento – e affidando qualche sparuto spazio a promoter esterni che proponevano solo (e ovviamente) i loro artisti, senza alcuna struttura calendaristica e senza alcun filo logico, inserendoli tuttavia nel cartellone ufficiale.
Ebbene la nuova struttura musicale del LAC sembra aver invertito questo trend: lo si era intuito dalle prime dichiarazioni e dalle prime iniziative prese dal nuovo responsabile Andrea Amarante (come la collaborazione avviata con il club Jazz In Bess che ha avvicinato, spesso per la prima volta, gli appassionati del settore alla Sala Teatro) e la conferma è giunta ieri con la presentazione del nuovo calendario grazie al quale il LAC può finalmente considerarsi un «vero» e completo centro culturale, con un’offerta oltre che scenica anche musicale davvero a 360 gradi, con aperture a generi fino a pochi mesi fa considerati «tabù» e che invece hanno dimostrato non solo di poter tranquillamente convivere con proposte più «alte», ma anche di essere in grado di attirare un pubblico diverso e numeroso. Certo qualche punto di questa svolta è ancora da chiarire, come ad esempio la gestione di quei grandi eventi (i Baglioni e i Ligabue di turno o i musical alla Nôtre Dame de Paris, tanto per fare qualche esempio…. ) che, pur comparendo nei cartelloni ufficiali e usufruendo della struttura e del know-how comunicativo del LAC, sono de facto gestiti da strutture esterne riversando – stando a fonti ben informate – al LAC solo una parte ridottissima dei loro fatturati, in netto contrasto con quella logica che vorrebbe che queste proposte di massa servissero, in una struttura pubblica, a finanziarne altre di più alta valenza culturale ma di minor richiamo. Ma si tratta di situazioni che possono essere migliorate, anche alla luce dello status che il LAC nei suoi primi dieci anni di attività ha assunto anche sul piano internazionale e che, oggi come oggi, lo esime dal ricorrere ad operazioni puramente promozionali come agli inizi permettendogli, anzi, di trattare ogni interlocutore con autorevolezza nonché di guardare senza timori riverenziali a quelle strutture che ha sempre considerato dei punti di riferimento. Come ad esempio a quel KKL di Lucerna al quale da sempre si ispira il quale – va sempre ricordato – ha costruito il suo prestigio attraverso un percorso più lungo del suo e punteggiato da paio di fallimenti gestionali. Situazioni alle quali il LAC oggi sembra essere in grado di sfuggire anche grazie a lucide correzioni e a percorsi di crescita come quello intrapreso con la musica e che andrebbero ora applicati pure a quel settore museale (MASI) che con il futuro nuovo direttore dovrà ritrovare quella spinta propulsiva e creativa degli inizi, che rimane fondamentale nella realizzazione di un polo cultural-ricreativo davvero completo.