Il commento

Gli svizzeri e le buone regole

La votazione concernente la tredicesima rendita AVS ha aperto gli occhi sul fatto che il buon senso del popolo svizzero non è più così solido
Carlo Rezzonico
Carlo Rezzonico
06.08.2024 06:00

La Svizzera gode di un notevole prestigio. Viene considerata un modello per quanto concerne l’ordine, la serietà, la prudenza, la precisione, la correttezza e in generale la ricerca dell’alta qualità in ogni ambito. Tale reputazione deriva sia dal mondo imprenditoriale sia da quello dei dipendenti. Il proprietario di una importante e fiorente azienda del ramo meccanico che occupa un numero elevato di collaboratori provenienti da molte nazioni mi disse: l’operaio svizzero in ogni caso è sempre il migliore. Il buon nome costituisce non soltanto un motivo di orgoglio ma anche un fattore di forza economica e quindi di benessere. Spesso l’origine svizzera di un prodotto viene considerata una garanzia di qualità e induce a dargli la preferenza anche pagando qualcosa in più. Purtroppo gli scorsi decenni il prestigio del nostro Paese ha subito alcune notevoli incrinature.

Innanzitutto faccio questa osservazione generale: come nell’avanzamento di un popolo tutte le sue componenti procedono in modo parallelo, così il declino si manifesta contemporaneamente sull’intera estensione demografica. In Svizzera a partire dalla seconda metà del Novecento molti imprenditori e dirigenti di azienda si sono comportati in modo criticabile, tuttavia anche presso un numero elevato di cittadini comuni sono apparsi segni preoccupanti.

Un tempo era norma che ogni padre di famiglia, se desiderava fare una grossa spesa, ad esempio l’acquisto di una automobile, accertasse di avere soldi sufficienti per sopportarla. D’altro lato un imprenditore, prima di effettuare investimenti, pensava al finanziamento e non compiva il passo se questo presentava buchi. Non esiste assolutamente alcun motivo per cui l’ente pubblico possa considerarsi esonerato dall’agire allo stesso modo. Purtroppo in certi ambienti politici si è diffusa l’idea che una spesa, se viene giudicata opportuna, debba essere fatta, indipendentemente dal reperimento dei fondi necessari. L’equilibrio dei conti è considerato al massimo un obbiettivo cui dedicare attenzione, semmai, in seguito. Invece il problema non va degradato al livello di un semplice obbiettivo ma deve costituire un vincolo. La sua violazione porta all’insolvenza oppure a un indecoroso e intempestivo arrabattarsi per trovare mezzi liquidi da qualche parte. Come sta avvenendo attualmente nel nostro Paese.

Infatti il popolo svizzero ha dimostrato alcuni mesi fa di essersi allontanato dalle buone regole con la tredicesima rendita AVS, approvata benchè mancasse un piano di finanziamento e quindi causando, tra l’altro, preoccupazione ed affanno presso il Governo. Il prestigio della Svizzera ha subito un nuovo colpo e alcune conseguenze si stanno già profilando. Esiste una iniziativa dei Giovani socialisti che intende introdurre una imposta del 50% sulle successioni e sulle donazioni superiori a 50 milioni di franchi. Rappresenta una assurdità, tra l’altro perché provocherebbe la fuga di grossi contribuenti, dei quali le finanze del Paese hanno grande bisogno. Fino ad alcuni anni fa nessuno avrebbe avuto timore, dando per certo che il popolo svizzero non l’avrebbe approvata. Ora però le cose sono cambiate. La votazione concernente la tredicesima rendita AVS ha aperto gli occhi sul fatto che il buon senso del popolo svizzero non è più così solido e che una approvazione della nuova imposta non è da escludere in modo assoluto. Probabilmente presso certe persone interessate si fanno già preparativi per andare altrove.

Nel nostro Paese la popolazione dovrebbe riflettere su quale bene prezioso sia il buon nome e gli ambienti politici ed economici dovrebbero mettere molto impegno, assai più di quanto abbiano fatto in relazione con la tredicesima AVS, per chiarirle le idee.