I dividendi della BNS sono un fatto tecnico e non politico
La Banca nazionale svizzera, pur essendo una società per azioni quotata alla Borsa di Zurigo, non è un’impresa privata con finalità di profitto, ma un’istituzione pubblica con il mandato di condurre la politica monetaria nell’interesse generale del Paese. Quando genera utili, questi non vanno agli azionisti (il 55% delle azioni è comunque nelle mani dei Cantoni) come in una società tradizionale, ma vengono distribuiti in parte a beneficio della collettività, in particolare alla Confederazione e ai Cantoni. A stabilirlo è la Legge federale sulla Banca nazionale e la Convenzione sulla distribuzione dell’utile stipulata tra il Dipartimento federale delle finanze e la Banca nazionale. L’utile non distribuito viene imputato a riserva e, se il capitale è sufficiente, può essere utilizzato per distribuzioni negli anni successivi. La legge riflette quindi l’importanza di utilizzare le risorse dell’istituzione monetaria a favore del sistema pubblico.
Quella della distribuzione di una parte degli utili residui delle banche centrali all’ente pubblico non è solo una prerogativa svizzera. Anche la Banca centrale europea, per esempio, restituisce alle singole banche centrali del cosiddetto Eurosistema una parte dei dividendi che solitamente viene poi girata nei conti statali. Di solito sono somme irrisorie rispetto ai bilanci nazionali e rappresentano rivoli minuscoli in confronto alla mole della spesa e dei disavanzi pubblici di questi Paesi. Non è però il caso dei versamenti ai Cantoni che spesso possono fare la differenza tra un forte disavanzo, un pareggio sostanziale dei conti o addirittura di un avanzo di bilancio per peculiarità istituzionali proprie. La Svizzera è uno Stato federale in cui i Cantoni godono di una significativa autonomia in molti ambiti della spesa pubblica: dalla gestione e al finanziamento di infrastrutture come scuole e ospedali, alle politiche sociali e anche di sostegno ad attività economiche. La distribuzione di parte degli utili della Banca nazionale riflette giocoforza questa struttura federale. Condividere gli utili dell’istituto di emissione con i Cantoni aiuta a sostenere queste attività in modo più mirato ed efficace. Pensiamo ai due miliardi di franchi che quest’anno andranno ai Cantoni e un altro alla Confederazione per un totale di tre miliardi. L’impatto in termini economici, senza scomodare il moltiplicatore keynesiano, che questi importi avrebbero se fossero versati a un’unica entità rispetto a 26 come avviene, sarebbe certamente meno efficiente. In altre parole, il versamento degli utili ai Cantoni è un meccanismo che rispecchia i principi di federalismo e solidarietà, garantendo che i benefici della politica monetaria si riflettano in tutto il territorio nazionale.
Per rimanere al Ticino, per esempio, il ritorno alla distribuzione degli utili da parte della Banca nazionale equivale a una forte riduzione di un’ottantina di milioni del deficit previsto per quest’anno: da poco meno di 100 a poco più di 20 milioni di franchi. Un contribuente eccezionale, non c’è da discutere. L’anno però è appena iniziato e non è detto che alla fine l’importo da rosso non diventi nero. È già successo. Questo però non è un invito ai Cantoni a spendere senza freni, coperture finanziarie o controlli democratici facendo affidamento sul presunto flusso regolare e costante dei contributi della BNS. Il ritorno a un sano pragmatismo in tema di finanze pubbliche è auspicabile. Bisognerebbe anche togliere quel velo ideologico che spesso ricopre la lettura di questi versamenti visti come un regalo una tantum da alcuni o una fonte di entrata corrente al pari di quelle fiscali da altri.
Storicamente, i cantoni hanno contribuito alla creazione della Banca nazionale svizzera avvenuta nel 1907. L’esercizio 2024 che si chiuderà verosimilmente con un utile di oltre 80 miliardi di franchi sarà quindi il 117.mo di vita dell’istituto di emissione. Fino ad allora molti di essi avevano le proprie banche emittenti. Con la centralizzazione e l’unificazione delle funzioni di politica monetaria, la distribuzione degli utili rappresenta quindi una forma di compensazione per la perdita di queste prerogative cantonali. Nell’oltre un secolo di vita sono stati pochi gli esercizi senza versamenti a favore dei Cantoni. In oltre un secolo gli anni senza contributi, come il 2023 e il 2024, sono quindi quasi eccezionali. Prevedere un’entrata nei conti pubblici è quindi un’ipotesi ragionevole, da buon padre di famiglia per usare un termine che piace. Aggrapparsi però ai soli soldi della BNS per far quadrare il bilancio è sbagliato. Equivale a rinunciare a esercitare il principio di autonomia finanziaria.