Europa

Il futuro dell’Unione europea dipenderà dal prossimo Parlamento europeo

L'opinione di Franco Oriti, dottore in Scienze Politiche Internazionali e Consulente in Proprietà Industriale, membro Comitato MES (Movimento Europeo Svizzero) Ticino
Red. Online
30.04.2024 14:37

Dal 6 al 9 giugno 2024 si voterà nell’Unione europea (Ue) per il nuovo Parlamento europeo (Pe).

Istituito già nel 1958 ma non era eletto a suffragio universale bensì i suoi componenti erano designati dai governi membri.

Solo dal giugno 1979 il Pe viene eletto ogni 5 anni a suffragio universale dai cittadini dei suoi Stati membri grazie ad un testo approvato ed entrato in vigore dalla Comunità economica europea (Cee), ora Ue, il 1 luglio 1978. Questo anno, quindi, compie 45 anni ed è l’unico organo sovra-nazionale nel mondo ad essere eletto dai propri cittadini.

Le prossime elezioni del Pe saranno determinanti per l’Ue. Oggi viviamo momenti molto drammatici in Europa (Svizzera compresa) dalla fine della Seconda guerra mondiale e gli Stati nazionali da soli non riescono più ad agire efficacemente per affrontare questioni sovranazionali; il ritorno della guerra ai confini dell’Ue, il conflitto in Medio Oriente e i soventi tamburi di guerra tra Cina e Taiwan, per non parlare poi dei vari conflitti nella vicina Africa, le migrazioni, il traffico di esseri umani, di armi e di droga a livello mondiale fanno capire quanto sia importante e necessario che l’Ue sia dotata, con urgenza, di strumenti politici (Politica estera e difesa comune) e di risorse proprie (Unione economica e sociale con un proprio bilancio europeo) per poter agire con efficacia e immediatezza sia a livello internazionale (per difendere i valori di democrazia, libertà, pace e benessere) sia a livello interno (per la coesione economica e sociale e per lo sviluppo industriale e tecnologico in modo ecologico e socialmente sostenibile).

Se l’Ue vuole parlare con una sola voce agli incontri diplomatici con USA, Russia, Cina, India, Brasile, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita e avere più voce in capitolo e più credibile, l’Ue deve presentarsi con una sua propria Politica estera comune e deve presentarsi con una pianificazione unica di Difesa comune europea, ovviamente non per attaccare altri Stati fuori dall’Ue bensì per eventuali invasioni dall’estero e per difendere i propri confini.

In queste materie anche la Svizzera e il Liechtenstein dovrebbero essere partecipi per curare i propri interessi di difesa, di sviluppo e di salvaguardia ambientale.

L’Ue ha, quindi, bisogno subito non di singole riforme e di nuovi Trattati ma di una unica riforma globale (una Costituzione europea) che faccia emergere una nuova forma di governo a livello sovra-nazionale (europeo) e nuovi poteri legislativi secondo la divisione dei poteri di John Locke e di Montesquieu; senza la consapevolezza di una tale svolta prevarrà la rassegnazione e l’Europa sarà relegata a un ruolo marginale in un Mondo che dovrà affrontare sfide inimmaginabili ed epocali.

È necessario allora che i cittadini dell’Ue alle prossime elezioni di giugno si chiedano se ha ancora senso stare insieme, grazie alle istituzioni comuni degli anni ’50 del secolo scorso, e di riformarle oppure se lasciare decadere, oltre 70 anni (dal 1951 con il Trattato CECA) di Storia di integrazione europea, di sviluppo e progresso e di pace e di benessere comune.

Anche gli eletti del prossimo Pe, dovranno, se vorranno in base alla maggioranza eletta, decidere se avviare la riforma dell’Ue come richiesto dall’attuale Pe qualche mese fa (vedi CoFoE) oppure se vorranno indietreggiare e disintegrare definitivamente questa Ue.

Serve una profonda riforma democratica dell’Ue al fine di renderla capace di pianificare il proprio futuro e il destino dei suoi cittadini mettendo al centro il ruolo di leadership del Pe democraticamente eletto per fare dell’Ue una vera comunità solidale e coesa da imitare negli altri continenti, superando gli egoismi nazionali e il potere di veto dei singoli Stati membri.