Il commento

Il Governo ha infranto il tempo del silenzio

In vista dell'importante tris di votazioni cantonali del 9 giugno il Consiglio di Stato ha presentato e argomentato i tre sì a riforma fiscale, cassa pensioni e cittadella della Giustizia
Gianni Righinetti
10.05.2024 06:00

Per diversi mesi ci siamo detti, «Governo, se ci sei, batti un colpo». L’attesa è stata lungamente vana con l’organismo politico amministrativo chiuso nel suo Palazzo, assente dalla vita pubblica e protagonista di un silenzio assordante sui temi che generavano discussione, attriti, finanche manifestazioni di piazza in sequenza. Il via all’incredibile e prolungato mutismo era stato inaugurato con la stagione che ci aveva accompagnato, ormai due anni fa, alla votazione popolare sul «decreto Morisoli». Il frutto di un emendamento presentato nel corso di un dibattito parlamentare e successivamente trasformato in iniziativa, accolto dal Legislativo e avversato per mezzo di un referendum. Lo ribadiamo: un topolino trasformato in elefante. Il tutto con l’Esecutivo che non si era espresso in vista del voto, schivando ogni genere di valutazione di rango politico o indicazione di voto. La storia è nota: il popolo disse sì e i cinque consiglieri di Stato si trovarono inguaiati nella mission impossible di fare quadrare il bilancio deficitario in un battibaleno, con le elezioni (che fanno da sempre rima con paralisi della politica) alle porte e il pareggio da raggiungere entro il prossimo anno. Il Preventivo 2024 era stato concepito secondo i dettami di quel decreto e cavalcato poi dalle forze di sinistra e sindacali. Altri, successivamente, di fronte alla forza numerica delle manifestazioni di piazza, con la coda in mezzo alle gambe fuggirono, rimangiandosi tutto quello che avevano detto a favore di quel decreto. E il Governo? Presentato il documento programmatico e di politica finanziaria per l’anno in corso, si dimostrò incapace di fare valere le proprie scelte d’indirizzo e le misure adottate (come il contributo di solidarietà a carico dei dipendenti pubblici e la misura di risparmio sui sussidi di cassa malati). Sparì dai radar. Chi si nasconde si dimostra pavido, incapace di argomentare, spiegare, dibattere e controbattere. E finisce, inerme, per subire la pressione altrui che diventa la sola ragione. A mesi di distanza, alla luce del massacro subito da quella manovra, viene ancora oggi da chiedersi quale convinzione, e da parte di chi, vi fosse su quella indigesta manovra. Ci sono successivamente state altre occasioni di mutismo politico anche negli ultimi mesi, quando, divulgando sempre più scarni comunicati stampa, si è tentato di dire e spiegare al Paese con la tattica del «dico-non-dico» studiata a tavolino dagli staff di comunicazione prodighi nel tentativo di proteggere l’Esecutivo e i propri ministri. In realtà, agli occhi del Paese, questo giocare a nascondino li danneggia. Comunicati insipidi dal messaggio sfuggente, che lasciano sulla punta della lingua domande su domande. Peccato che nessuno si sia prestato per dare spiegazioni, per rispondere a qualche domanda. Segno, come già sottolineato, che è fondamentalmente venuta meno la volontà (speriamo non la capacità) di confronto.

Ora, in vista dell’importante tris di votazioni cantonali del 9 giugno, il Governo, rappresentato da tre esponenti (il presidente Christian Vitta, Claudio Zali e Norman Gobbi) ha presentato e argomentato i tre sì alla riforma fiscale, cassa pensioni e cittadella della Giustizia. Al tavolo mancavano Raffaele De Rosa e Marina Carobbio e a nessuno sfugge trattarsi dei consiglieri di Stato dei due partiti di Governo (Centro e PS), lontani-contrari ad almeno due dei tre temi citati. Poco male, vien da dire, purché questa mossa con la quale è stato infranto il tempo del silenzio non rimanga estemporanea. Il Governo torni ad esserci. Battendo più colpi e partecipando al dibattito politico. Oggi come domani.