Il manifesto del Pardo, atto di rottura
Non capisco le ragioni dell’indignazione davanti al nuovo manifesto del Locarno Film Festival. È un atto di rottura rispetto a una strategia comunicativa che aveva fatto il suo tempo. Annie Leibovitz, una grandissima fotografa riconosciuta in tutto il mondo, è riuscita a racchiudere in un’immagine il concetto del Festival e il suo emblema, il Pardo. È in fondo una metafora di ciò che il Festival rappresenta per la città di Locarno: un avvenimento straordinario rispetto alla vita di tutti i giorni, rispecchiato perfettamente dall’improbabilità di un leopardo sulle rive del Lago Maggiore.
Il Ticino è visto dalla grande fotografa come una terra in cui domina la natura, con la maestosità delle montagne, le acque increspate del lago, la presenza tempestosa del cielo. Tutti aspetti che possono sembrare scontati a chi conosce bene la regione; e che tuttavia sono eccezionali per chi proviene da un altro contesto e ha il compito di traghettare l’immagine della Svizzera (e del Festival) nel resto del mondo.
Leibovitz ci riconnette con la realtà storica del Ticino, una terra che in passato ha visto la nascita e lo sviluppo di realtà artistiche importanti e di un nuovo pensiero filosofico. È proprio in quella temperie culturale che nell’immediato secondo dopoguerra è nato il Festival. Questo spiega anche il riutilizzo di una grafica che rinvia esplicitamente ai manifesti di quei decenni. E a dispetto di quanto banalmente affermato in tv da un noto artista, in quel cielo incombente c’è molto di più: non certo un augurio di maltempo per le serate in Piazza Grande, come è stato detto, bensì la piena consapevolezza del periodo «tempestoso» che stiamo attraversando, quello dei conflitti che circondano nuovamente l’Europa. Oggi come allora.
Nella riflessione culturale di Leibovitz, il Pardo assume i connotati di un’eterna fenice: l’animale è giovane – nonostante i suoi 77 anni – ed è realizzato attraverso le nuove possibilità cui si affaccia la creatività. Attraverso un linguaggio contemporaneo e all’avanguardia rispetto al gusto comune, e servendosi di una grafica colta e raffinata, che intenzionalmente sfiora il kitsch, il manifesto è in grado di scardinare i nostri valori estetici acquisiti, proponendo un’immagine silenziosa che si contrappone al caos rumoroso della comunicazione contemporanea.
Luciano Rigolini
Gran Premio svizzero di design 2024