Il commento

Inflazione, paniere e prezzi al consumo

La discussione sul calcolo del rincaro va condotta con realismo e pragmatismo
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
20.10.2023 06:00

Nelle fasi in cui l’inflazione, o rincaro, sale a livelli indesiderati quasi sempre si riaccende la discussione sui metodi di calcolo. Discussione legittima, che va condotta però all’insegna di realismo e pragmatismo. Specie in Svizzera, dove fortunatamente l’avversione all’inflazione è marcata e dove non si raggiungono i picchi di molti altri Paesi. L’inflazione ora sta calando quasi ovunque, e ciò conferma tra l’altro che gli aumenti dei tassi di interesse non sono inutili, ma non è ancora rientrata negli argini. Occorre dunque completare la battaglia contro il rincaro, perché l’inflazione alta si deve e si può battere, cercando nel frattempo di fare il più possibile chiarezza, anche sui meccanismi di misurazione.

Il rincaro viene calcolato sulla base dell’indice dei prezzi al consumo. Dietro questo indice c’è un paniere tipo, che in Svizzera contiene un’ampia selezione (12 gruppi principali, indicati dall’Ufficio federale di statistica) di beni e servizi consumati dalle economie domestiche. Ciascun gruppo ha il suo peso specifico. Ricordiamo qui che i maggiori sono nell’ordine abitazione ed energia, sanità, trasporti, alimentari e bevande analcoliche, ristoranti e alberghi. L’indice è rappresentativo, riesce a calcolare fedelmente l’andamento reale dei prezzi? Tutto naturalmente si può sempre migliorare, ma il grado di rappresentatività sembra già buono. Tanto più che la ponderazione, cioè il peso percentuale, dei vari gruppi viene adeguata ogni anno.

Affrontiamo subito uno dei nodi principali. Una delle critiche maggiori è sul fatto che l’indice dei prezzi al consumo non comprende alcuni oneri per le famiglie, soprattutto i premi per le assicurazioni malattia. L’aumento costante di questi ultimi è certamente un problema di rilievo, ma occorre fare attenzione a non mettere tutto nello stesso cesto. I premi concorrono al costo della vita, ma fondamentalmente non sono determinati dalla domanda e dall’offerta, anche perché sono obbligatori. D’altronde, anche le imposte concorrono da un certo punto di vista al costo della vita, ma sono anch’esse obbligatorie. Nell’un caso come nell’altro abbiamo degli importanti servizi in cambio, è vero, ma alla base non c’è una scelta sui nostri consumi. Le soluzioni per il grande problema dei premi vanno cercate in sede politica e amministrativa. Mettere i premi nell’indice dei prezzi, che è invece legato all’andamento all’economia, in sostanza mischierebbe livelli che sono diversi.

Si parla molto anche di inflazione core (o di base) e di inflazione percepita. In questi casi non siamo tanto nel campo della composizione del paniere, quanto piuttosto nel modo di intendere il rincaro. Si tratta di articolazioni che hanno una loro utilità in analisi dettagliate sull’inflazione fatte da istituzioni economiche ed esperti, ma che non dovrebbero sorpassare come importanza l’inflazione complessiva misurata dall’indice dei prezzi al consumo. Il rincaro di base è quello che esclude i beni i cui prezzi sono considerati più volatili, in particolare quelli dell’alimentare e dell’energia.

In questo modo si vuole misurare lo zoccolo duro dell’inflazione. È un po’ come quando, per capire la forza di due squadre di calcio che si affrontano, si calcola quanto hanno tenuto la palla o quanti tiri in porta hanno fatto. Giusto, ma ciò che conta più di tutto, alla fine, è il risultato della partita. Dunque, la cosa più importante resta il tasso complessivo di inflazione, al di là del fatto che una parte di essa in effetti sia più volatile e un’altra parte meno.

Con l’inflazione percepita si entra in ulteriori complicazioni. Su questa c’è una ampia elaborazione teorica, che ha come scopo, in pratica, di capire quanto le economie domestiche si sentano realmente colpite dal rincaro. Si introducono quindi altri criteri, tra i quali ad esempio la frequenza degli acquisti e l’avversione al rischio. In sintesi: la prima privilegia i beni e servizi più spesso acquistati, rispetto alla spesa complessiva (su cui possono incidere molto anche acquisti rilevanti fatti poche volte in un anno); la seconda sottolinea la maggiore sensibilità delle economie domestiche agli aumenti dei prezzi, rispetto ai cali.

Ne vengono fuori numeri diversi da quelli del consolidato indice dei prezzi al consumo, maggiori o minori a seconda dei casi. Di nuovo, si tratta di analisi che possono servire a meglio identificare le propensioni dei vari segmenti di consumatori, ma alle quali sarebbe sbagliato dare maggiore importanza rispetto all’inflazione complessiva misurata da un paniere rappresentativo. La percezione soggettiva è importante, ma non può superare il dato oggettivo. Alla fine, per una famiglia conta quanto ha speso nel complesso al termine del mese o dell’anno. E per un’economia conta la media di tutte queste spese e dunque la media dei prezzi.