Jacobacci e il primo obiettivo: ritrovare il gol
Se prima litigavano per il Team Ticino, ora Bellinzona e Lugano bisticciano anche ad un livello superiore. Quello dei grandi. Il motivo? Maurizio Jacobacci non ha ragionato con il cuore. Già, ha tradito la passione granata e ha sposato la causa bianconera. Apriti cielo. Ci piacerebbe vederli, una volta tanto, quelli che mettono in dubbio la moralità di «Jaco». Di fronte ad un’offerta di Super League, e sapendo di avere a disposizione una clausola per liberarsi a costo zero dal Comunale, voi cosa avreste fatto? Ecco. Poi per carità, a noi che osserviamo dall’esterno sfuggono tanto i dettagli quanto le sfumature della vicenda. Ma, al di là di tutto, ci riesce difficile criticare il nuovo allenatore del Lugano perché, con tutto il rispetto di questo mondo per la controparte, è andato a stare meglio. Quantomeno, ha ritrovato quella Super League scivolatagli dalle mani a Sion. Complice l’ennesimo ribaltone di sua maestà Christian Constantin.
Ci riesce altresì difficile, al netto delle beghe legate al citato Team Ticino, comprendere l’atteggiamento del Bellinzona. Il vicepresidente Flavio Facchin aveva promesso di «liberare» seduta stante Jacobacci. Il quadro, però, improvvisamente è mutato. E così veniamo a sapere che il mister verrà sì presentato oggi al Casinò di Lugano, ma rischia di dover aspettare ancora prima di poter mettere mano alla sua squadra. Un ritardo che complica, va da sé, l’esordio di domenica a Lucerna anche se Jacobacci sta già lavorando ad alcune soluzioni immediate per fermare la crisi. Fra queste, cambi repentini di gioco e maggiore organizzazione là davanti, dove l’imperativo è uno soltanto: finalizzare, fare gol, buttarla dentro.
Era il grosso limite di Celestini, questo. Proprio perché – si mormora – l’oramai ex allenatore aveva lavorato poco (e male) i movimenti offensivi. Immaginatevi un difensore o un centrocampista che uscivano palla al piede e, alzata la testa, non trovavano riferimenti. Ma immaginatevi anche un attaccante che, non avendo mai allenato per davvero schemi, tagli e via discorrendo in settimana, non sapeva bene dove mettersi e come suggerire il passaggio al compagno. Mischiate il tutto e otterrete, più o meno, l’ultimo mese e mezzo dei bianconeri. Una squadra viva nelle intenzioni e determinata a rialzare la testa, sì. Ma impossibilitata a farlo perché, banalmente, mancavano soluzioni dove conta di più. Vicino alla porta.