Opinioni

La «Bussola» punta verso Est

L'opinione di Flavio Meroni Movimento europeo Svizzera, Sezione Ticino
Red. Online
22.10.2024 17:48

C’è qualcosa di curioso nel nostro Paese, e non solo: chi dovrebbe naturalmente diffidare della volontà della «gente» che potrebbe mettere in discussione i suoi privilegi, sempre più spesso la invoca e se ne fa l’interprete per difendere i propri interessi. Abbiamo così assistito alcuni giorni fa al lancio in grande stile dell’iniziativa federale «Bussola Europa» (Kompass Europa) da parte di un gruppo di finanzieri miliardari e numerose personalità della società elvetica, che intendono porsi a difensori della democrazia diretta, della nostra sovranità nazionale e quindi dei diritti del «largo popolo lavoratore».

Per farlo, gli inizianti ritengono necessario che ogni trattato internazionale che il nostro governo intende sottoscrivere venga obbligatoriamente sottoposto a voto popolare e dei Cantoni. Preso di mira è evidentemente l’accordo quadro con l’Unione Europea, o Bilaterale III, che il Consiglio federale vorrebbe finalizzare entro quest’anno, d’intesa per altro con le associazioni dell’economia e della finanza nazionali. Di fatto, un tale accordo non sarebbe attualmente sottoposto che a un referendum facoltativo, secondo l’articolo 141 della costituzione, in quanto esso costituirebbe una ripresa di disposizioni che fissano norme di diritto ma non «l'adesione a un'organizzazione di sicurezza collettiva o a una comunità sopranazionale» (art. 140).

Malgrado i milioni di franchi che gli iniziativisti si son già detti disposti a spendere, l’iniziativa è, a ben vedere, sostanzialmente inutile almeno per tre motivi. Tre anni fa il Consiglio nazionale ha già rifiutato di prendere in considerazione una proposta del genere che avrebbe reso obbligatorio un referendum per trattati «a carattere costituzionale». Poi, i fautori stessi dell’iniziativa riconoscono che essa finirebbe per essere votata tra quattro o cinque anni, ben più tardi che l’esito ancora sperato del nostro nuovo accordo con l’UE. In terzo luogo, come già per lo Spazio economico europeo nel 1992, è più che probabile che l’Assemblea federale faccia ricorso per il futuro Bilaterale III al cosiddetto referendum sui generis, che l’autorizza a sottoporre un trattato internazionale all'approvazione di popolo e Cantoni.

Prima di ciò i negoziatori svizzeri pensano comunque d’esser riusciti a far accettare a Bruxelles l’inserimento di una giurisdizione arbitrale nella procedura di soluzione dei conflitti, generati eventualmente dalla temuta «ripresa dinamica» della regolamentazione dell’Unione. Quanto all’emigrazione nonchè alla libertà di circolazione delle persone, il problema costituisce comunque la più grossa sfida economica e politica che la maggioranza dei Paesi europei dovranno gestire, verosimilmente con soglie di salvaguardia del genere di quelle sul tavolo dei negoziati fra Berna e Bruxelles.

Va ancora sottolineato che gli iniziativisti, almeno i finanzieri originali della Partners Group di Zugo, hanno anche giudicato necessario orientare la politica economica esterna della Confederazione (art.101) verso la «rete internazionale, rispettando i diritti democratici del popolo e l’autonomia dei Cantoni». Un’apertura ai mercati internazionali, orientali in particolare, non ha in verità bisogno d’essere ribadita e si è per altro riconfermata con la recente conclusione dell’accordo di libero scambio con la Cina. L’argomento che la Svizzera «importa di più di quanto non esporta verso l’UE» non deve però farci sottovalutare la continuità di un accesso facilitato al suo mercato interno, nè la nostra partecipazione esclusiva ai suoi programmi di cooperazione nè -alla luce della nuova minacciosa situazione geopolitica- il nostro accresciuto interesse e dovere di solidarietà e coesione verso la comunità degli Stati europei.

Flavio Meroni Movimento europeo Svizzera, Sezione Ticino