La neutralità non è sinonimo di indifferenza

Sovente in politica ci si riempie la bocca con la «nostra neutralità». A me questa neutralità suona un po’ da egoismo e indifferenza ai gravi problemi di ingiustizia che ci sono al mondo. Non possiamo dire noi siamo neutrali e guardar via – è omissione di soccorso! Si tende a confondere la neutralità con l’essere pacifisti. Albert Einstein ha scritto: «Il mondo è pericoloso da vivere. Non tanto a causa di coloro che fanno il male, ma di coloro che guardano e lasciano fare». Il fatto che la Svizzera è stata risparmiata durante le due guerre mondiali, fu una carta vincente per noi e dopo il 1945 ha potuto realizzarsi nel ruolo di prestatrice di buoni affari. Ma oggi? Vendiamo armi a molti Paesi e non sappiamo dove vanno a finire. E durante l’ultima guerra eravamo proprio neutrali? Va bene che c’era di mezzo la nostra sopravvivenza. D’accordo, anche se le informazioni corrono più veloci, non è sempre facile distinguere il buono dal cattivo. L’ideale sarebbe portare pace usando la «nonviolenza»!
Franco Schmid, Lopagno
La risposta
Caro Franco Schmid, al di là di quanto si possa pensare dell’atteggiamento cosiddetto neutrale della Svizzera (un contributo alla pace? Ipocrisia? Viltà? Saggezza? Opportunismo?) a me pare che un enorme merito storico l’abbia avuto: nel secolo scorso ci ha risparmiato la jattura di due sciaguratissimi conflitti mondiali. Non è poco. Se siamo neutrali è perché i nostri antenati furono lungimiranti. Rendendosi conto che la Svizzera era un Paese piccolo e (all’epoca) povero e si trovava in una posizione strategica centrale che stuzzicava l’appetito delle potenze europee, hanno deciso di chiamarsi fuori dalle guerre.
Se parlo di «cosiddetto» atteggiamento neutrale è perché in realtà il concetto di neutralità non è mai stato granitico; in alcuni casi è stato sospeso (tra il 1798 e il 1815), in altri forse eluso (mi riferisco ai lati oscuri della Confederazione durante la Seconda Guerra mondiale: politica d’asilo, relazioni economiche con le potenze dell’Asse, acquisto di oro nazista da parte della Banca nazionale elvetica...). Si può discutere su quanto davvero la Svizzera sia stata autonoma negli scambi diplomatici e nei rapporti politici con le potenze e le superpotenze nel corso della storia. Ma dopo l’ultima guerra sarebbe ingeneroso considerare la neutralità elvetica come una comoda maschera alla nostra indifferenza rispetto ai problemi del mondo. Non farsi trascinare nei conflitti armati non significa infischiarsene dei destini delle vittime. Anch’io sono perplesso di fronte al commercio delle armi, ma questo è un tema diverso. Penso che la Svizzera oggi interpreti la propria neutralità come una condizione perfetta per un esemplare esercizio della solidarietà, prestando aiuto umanitario in situazioni di guerra e organizzando missioni all’estero per il mantenimento della pace. È l’esatto contrario dell’omissione di soccorso. Non saremo Gandhi, ma nemmeno dei guerrafondai.