La neutralità sopravvivrà alla guerra in Ucraina?
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La raccomandazione della maggioranza della Commissione della politica di sicurezza di autorizzare la riesportazione di armi verso l'Ucraina sta spaccando in due la Svizzera.
Da una parte c’è chi crede che la neutralità sarebbe comunque salva, anche se i nostri cannoni dovessero finire a Kiev. Dall’altra c’è invece chi pensa che se dovessimo seguire la strada indicata dalla commissione del Nazionale, saremmo costretti a dire addio al nostro essere neutrali che ci rende tanto diversi dagli altri Paesi.
Negli scorsi giorni Sacha Zala, professore di storia all’Università di Berna, ha ricordato dalle colonne del nostro giornale che il concetto di neutralità che vieta la riesportazione di armi è una costruzione tutta svizzera. Anzi: Ce lo siamo inventati noi» dice Zaia, secondo il quale la neutralità scolpita nella pietra non esiste.
Di parere diametralmente opposto il Consiglio federale. Per l’esecutivo lo Stato neutrale non può sostenere Paesi belligeranti con armi o forze armate.
«Siamo il Paese delle convenzioni di Ginevra, che costituiscono la base del diritto internazionale umanitario», ha ricordato il presidente Alain Berset ospite di una trasmissione televisiva svizzero francese. «Dovessimo discutere ora – ha aggiunto - con una guerra in corso in Europa, di esportazione di materiale bellico che servirà comunque per uccidere persone perderemmo qualsiasi credibilità in questo campo».
La Svizzera è dunque indifferente di fronte alle sorti del popolo ucraino? «Assolutamente no – ha puntualizzato Berset – prova ne è che in questa guerra abbiamo appoggiato tutte le sanzioni contro il Paese aggressore, ossia la Russia, senza però intaccare la nostra neutralità. Un conto sono le sanzioni, un altro le armi» e così ha concluso. E voi? Cosa ne pensate? La neutralità è in pericolo oppure è giusto fare tutto il possibile per aiutare l’Ucraina? Scriveteci!
Voi la pensate così
Morti, famiglie spezzate, distruzione: questo è il volto della guerra
A commento sul dibattito dell’opportunità di autorizzare la riesportazione di armamenti o munizione da paesi a cui la Svizzera ha venduto questi “oggetti” verso l’Ucraina io, come cittadino, sono assolutamente contrario. Spero vivamente che il nostro governo sia sufficientemente lungimirante su questo tema. Non si tratta di sapere da che parte schierarsi. Il tema è che oggi sulla “piazza” vi sono già sufficienti rappresentanti dell’industria delle armi. Non servirebbe a nulla e oltremodo poco utile alla stessa Ucraina.
Bisogna evitare che la Svizzera non possa più essere credibile come stato neutrale perché siamo e saremo più utili sull’altare della pace se teniamo aperto un nostro canale diplomatico. La guerra è un fatto molto ma molto serio e delicato da essere banalizzato come se fosse una semplice argomento da essere “venduto” meglio all’opinione pubblica! In ballo ci sono morti, feriti, mutilati famiglie spezzate e distruzione perché questo è l’unico vero volto delle guerre.
Vi era proprio in questi giorni un interessantissima intervista all’attuale presidente del CICR ... la necessità di essere neutrali, per favorire il dialogo e i diritti delle persone, è fondamentale. Non sarebbe saggio, per un futuro aiuto diplomatico per giungere alla pace tra questi due popoli oggi in guerra, esporsi così scioccamente.
Mauro Bizzozero, [email protected]
Gentile Mauro, grazie del suo scritto. Bisognerebbe anche capire che pressioni subiscono oggi i costruttori svizzeri di armi da parte dei Paesi ai quali hanno venduto i loro prodotti prima della guerra in Ucraina.
È l’unico modo per fermare gli aggressori
Neutralità o indifferenza? Questa è la domanda che dovrebbe farsi ogni cittadina e cittadino svizzero. E dovremmo farci questa domanda dimenticando il passato e guardando al futuro. E millantarsi di avere il palazzo X o Y che simboleggia la neutralità è una pura favoletta a cui credono solo (taluni) svizzeri. Per quanto mi riguarda, non c’è alcuna differenza nel comportamento che bisogna assumere tra questo caso, appunto l’aggressione di uno stato sovrano da parte di un’altra dittatura, e ad esempio, quando una donna viene violentata e altre persone rimangono li’ davanti passive e inermi. Il comportamento che dobbiamo tenere, essendo noi in una società democratica è quello di intervenire e fare tutto il possibile affinché tutto possa finire il prima possibile e l’aggressore se ne torni a casa propria. Purtroppo l’unico modo che c’è per fermare gli aggressori (sia quelli che stanno violentando una donna e sia quelli che stanno invadendo un altro paese) è quello della forza, perché purtroppo loro capiscono solo questa. La Svizzera si chieda se preferisce essere quel paese il cui comportamento rimane sempre dubbio nel panorama internazionale, che pensa al proprio profitto, che fa affari e tiene i tesori di mafiosi, dittatori, ai limiti dello stato canaglia, o se vuole veramente essere un paese democratico per se stessa e per gli altri. Ma voler continuare a fare affari d’oro con tali figuri fingendo di essere gli angioletti della neutralità è alquanto presuntuoso, fastidioso e ridicolo per noi che viviamo qui e per chi ci sta intorno.
Giancarlo Croari, [email protected]
Il professor Sala ha ragione ma…..
Il professor Sala ha ragione - e ci mancherebbe - quando afferma che la neutralità è un concetto che ci siamo creati noi, sia per evitare una spaccatura definitiva del Röstigraben durante la Prima Guerra Mondiale, sia per ottenere credibilità internazionale nei decenni successivi ai conflitti mondiali del XX secolo. E sono anche d’accordo che il concetto di neutralità possa essere dotato di una certa flessibilità, a seconda delle contingenze storiche; ma non credo sia accettabile che, all’interno di questi margini di manovra, si mettano in crisi alcuni punti cardine del nostro essere neutrali, che si compongono da una parte «passiva», ovvero il non parteggiare e favorire nessuno dei belligeranti, e da una parte «attiva», cioè l’essere protagonisti dei conflitti in quanto mediatori e/o donatori di aiuto umanitario. E questi due aspetti vanno a braccetto: come sarebbe possibile essere mediatori credibili se si comminano sanzioni economiche o si forniscono armi (seppur indirettamente) ad una delle due parti? Così facendo rischiamo di essere semplici burattini, perdendo prestigio internazionale e perdendo di vista i veri obiettivi della nostra neutralità. Suvvia, un po’ di coerenza in politica non guasterebbe!
Ralph Pomina, [email protected]
Favoriamo il dialogo con entrambe le parti
Russia Ucraina, a mio modo di vedere sbagliato schierarsi a favore. Mantenere distacco e favorire il dialogo con entrambe le parti. Inoltre ricordarsi che Zelenski non ha rispettato gli accordi sul Donbass del 2014 e questo a avvitato la rivendicazione russa.
Mauro Zanini, [email protected]
Caro Mauro, quella della mancata applicazione degli accordi sul Donbass potrebbe essere una lettura. Ma qui c’è un Paese aggressore, la Russia, e uno aggredito, L’Ucraina. È d’accordo, vero?
Sì agli aiuti!
Dobbiamo aiutare con tutti i mezzi l’ Ucraina!
Christa van ‘t Pad Bosch, [email protected]
Rischiano di mandare i nostri figli in guerra
Che le armi servono a fare la pace è come sostenere che i libri di ricette sfamano. Tuttavia in entrambi i casi l’affare è garantito, il risultato no! Mentre è indubbio che l’essere neutrale è una chance per non fare dilagare un conflitto e/o di non esserne coinvolti. Infatti indipendentemente da come la si pensi, chi è dotato di un minimo di onestà intellettuale, deve ammettere che anche la neutralità ha contribuito a salvare la Svizzera dalla distruzione delle guerre mondiali. Di conseguenza pur concordando che tutto è discutibile, inclusa la neutralità, è però sicuramente inopportuno farlo agli albori di un possibile conflitto mondiale. Dunque è gravissimo che chi ha la responsabilità di tutelare la società Svizzera dalle catastrofi, la metta in discussione proprio ora. Primo, perché rischiano di mandate i nostri figli in guerra. Secondo, Perché così ci è impossibile contribuire alla costruzione della pace, con la nostra (ex credibile) diplomazia, ora superata addirittura da quella turca. Insomma per me è un’idiozia il pensare che il “paesello” Svizzera possa influire sui destini di una guerra d’altri facendola. Più del restarne fuori, ribadendo con forza la nostra vocazione di neutralità al servizio della pace. Nemmeno riesco a credere ciecamente alla buona fede degli esportatori di democrazia, che nel 1963 avevano un sogno (I have a dream), ancora oggi in realizzato a casa propria. Perché così facendo c’è il rischio che loro facciano buoni affari, ma con la nostra pelle e con un altro Piano Marshall, che però necessità della distruzione.
Andrea Genola, WhatsApp
La via svizzera è sempre stata originale
Non sarebbe perlomeno contraddittorio essere contrari alle sanzioni economiche in nome della neutralità elvetica, ma a favore dell’invio indiretto di armi e munizioni ?Si svela così il fatto che una neutralità attiva in favore della Pace risulta molto più coerente: si condanna e sanziona la violazione del Diritto internazionale per ottenere la maggior pressione possibile con gli altri partners (impegnati anche militarmente), ma con l’obbiettivo nostro di motivare le diplomazie ad un tavolo di trattative. Come del resto avviene per il grano ed i prigionieri. In fondo anche per la pandemia la via elvetica è risultata originale e piuttosto efficace, basti pensare alle Scuole ri-aperte appena ragionevolmente possibile.
Nicola Geninazzi, @corrieredelticino
C’è poco da essere neutrali….
Io vedo alcune cose, la prima è la mancata opportunità di sviluppo tecnologico in ambito militare, dove eravamo bravi o forse lo siamo ancora. La seconda è che siamo circondati da un unica alleanza e non da diverse come forse un tempo, perciò c’è poco da fare i neutrali in questo caso. Da ultimo dico che mentre le nazioni si uniscono noi ci allontaniamo dall’unità con la nostra «diversità».
Illya Lis, @corrieredelticino
Restiamo costruttori di ponti in favore della pace
Secondo me la neutralità è un patrimonio che va mantenuto come è stato concepito al momento del conferimento. Da questa situazione la Svizzera ha tratto forti vantaggi come luogo di accoglienza e mediazione proprio perché chi non si posiziona può agire credibilmente come costruttore di ponti ma anche per la pace e la prosperità. Purtroppo ci si sta allontanando sempre più dal concetto tradizionale di neutralità voluta da gran parte dei cittadini, è quindi necessario reagire nel non facile compito di trovare e mostrare al mondo intero una posizione chiara a salvaguardia di una neutralità credibile.
Peter Rossi, [email protected]
C’è sempre l’arma del referendum…
A mio modesto avviso il mantenimento della neutralità è di primaria importanza, quindi non sono d’accordo all’esportazione di materiale bellico verso i belligeranti Il tema potrebbe essere oggetto di un quesito referendario come è stato già fatto in altri Paesi.
Roberto Poggi, [email protected]
Caro Roberto, se la modifica prevista dall’iniziativa venisse messa in vigore d’urgenza, non è obbligatorio attendere il termine referendario. La decisione di ieri cambia comunque la carte in tavola.
No alle armi, sì al dialogo
Rimaniamo neutrali. L’aiuto va dato, ma rispettando le convenzioni di Ginevra. No alle armi, sì al dialogo. Dove sono gli specialisti nelle risoluzioni dei conflitti? Basta devastazione e morti orrende.
Addolorata Valente, WhatsApp