Pensieri dal battellino

La nuova sindrome

In Minnesota cinque senatori repubblicani intendono far inserire nell’elenco delle patologie mentali riconosciute a livello statale la «sindrome da disturbo di Trump»
Bruno Costantini
22.03.2025 06:00

Grazie a un paio di giornate di bel tempo, questa settimana con il battellino abbiamo potuto portare i rifornimenti di Barbera fatto col mulo al popolo dei territori d’oltre lago, ricevendo in cambio gustosi tortelli di san Giuseppe. Tra un dolcetto e l’altro, Asia ha smanettato su tablet e smartphone per capire se una certa notizia fosse attendibile oppure generata dalla grande macchina delle fake news. Alla fine, da navigata microinfluencer del lago e content creator, ha concluso che con alta probabilità è vero che in Minnesota cinque senatori repubblicani intendono far inserire nell’elenco delle patologie mentali riconosciute a livello statale la «sindrome da disturbo di Trump». Trattasi, secondo gli autori della proposta, di un’isteria che porta all’«insorgenza acuta di paranoia in persone altrimenti normali in reazione alle politiche e alle scelte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump». In altre parole, criticare ossessivamente il presidente sarebbe sintomo di malattia mentale da riconoscere come tale (con ciò ribaltando il giudizio di alcuni psichiatri americani che in passato attribuirono semmai allo stesso Trump turbe psichiche, in particolare un «disturbo narcisistico maligno di personalità» con cattiva influenza sulla società). La politica si mischia dunque con la psichiatria. Non è una novità e nemmeno una cosa tanto bislacca priva di qualche evidenza scientifica. La mia amica, ben sapendo che la proposta in Minnesota ha scarsa probabilità di ottenere successo (anche perché il coerente passo successivo quale dovrebbe essere, l’internamento coatto?), s’è divertita a immaginare che pure in Ticino venga classificata come patologia mentale la critica verso gli avversari politici: municipali, consiglieri di Stato, parlamentari, partiti in toto (intesi come movimenti politici ma anche come participio passato del verbo partire). Ne verrebbe sicuramente fuori uno scenario da manicomio. Ci sarebbe solo da stabilire se tale disturbo possa essere riconosciuto dalle casse malati per le indispensabili cure, facendo ulteriormente crescere la spesa sanitaria. Proprio la prossima settimana il Gran Consiglio darà avvio a uno psicotormentone che durerà mesi e che finirà davanti al popolo per decidere se e in quale modo applicare ulteriori palliativi cantonali per mitigare la palese inadempienza federale che si scarica su premi sempre più esosi dell’assicurazione malattia, prossimi al ladrocinio con l’alibi politico che ci sono molti responsabili. Adesso a Berna si parla di aumentare la franchigia minima per responsabilizzare gli assicurati, ma anche gli altri dovranno fare la loro parte. O dovremo forse farci aiutare dagli alieni per uscirne? Asia è convinta di sì e, poiché da tempo ha il pallino di voler chiedere ai marziani che cosa pensano delle nostre magagne e di qualche nostro mistero, vuole tentare di aggregarsi all’impresa promessa da Trump di portare gli Stati Uniti su Marte. Il fido Elon Musk ha già annunciato che ha pronto il suo enorme razzo Starship e che i primi sbarchi umani sul pianeta rosso potrebbero avvenire nel 2029. Quando cioè noi saremo ancora qui a ponzare sui premi della cassa malati, se è vero, come disse profeticamente quasi vent’anni fa l’allora consigliere federale Pascal Couchepin, che il sistema è talmente impantanato che ci vorranno da uno a due secoli per riformarlo. Facciamo prima a emigrare su Marte, magari sorseggiando uno space cocktail con cubetti di ghiaccio della Groenlandia.