Gli asini sono docili, miti e tranquilli: non ridicolizziamoli
Ogni anno, all’avvicinarsi della data del Palio degli asini di Mendrisio, sento salire in me un profondo sconforto. Non tanto per la gara in sé che, mi si dirà, non causa maltrattamenti agli animali, ma perché ogni volta mi trovo a fare i conti con uno «spettacolo», dal mio punto di vista, essendo proprietaria di due asini – anche se preferirei definirmi compagna umana – triste, anacronistico e diseducativo. Io ho visto correre in miei asini solo per due motivi: per sfuggire da insetti fastidiosi o per giocare tra di loro. Gli asini sono docili, miti, sono lenti, di indole tranquilla, e si bloccano se si sentono minacciati o se si sentono in pericolo. Per quale motivo allora obbligarli a correre strattonandoli, ridere di loro se si fermano e non partono più, e forzarli ad essere cavalcati da improvvisati fantini che non conoscono, per fare una corsa che va contro la loro natura? Mettere un animale nelle condizioni di non potersi esprimere liberamente e compatibilmente con i suoi ritmi e le sue attitudini, schernirlo e umiliarlo solamente perché mostra sue reazioni naturali a coercizione e frustrazione, è una mancanza di rispetto del diverso e della dignità della vita in generale. L’asino è stato per secoli ridicolizzato, sfruttato e umiliato per alcuni suoi comportamenti che altro non sono che sue peculiari caratteristiche che gli hanno permesso di adattarsi e sopravvivere. Invece di insegnare agli spettatori più piccoli a godere di una gioia indotta dalla messa alla berlina di un animale (del diverso…), perché non insegnare loro che il rispetto nasce dall’osservazione, dall’ascolto, dalla comunicazione, dalla reciproca fiducia, dall’empatia, e che solo per mezzo di un contatto senza prevaricazione e derisione esso può trasformarsi in un fattore di comunione, di conoscenza e di scambio per costruire un mondo migliore?
Antonia Bremer, Mendrisio
La risposta
Cara Antonia Bremer, ho visto nascere il Palio degli asini di Mendrisio, perché all’epoca in cui è partito ero un ragazzo che frequentava l’oratorio del Borgo. Conosco gli ideatori (alcuni non ci sono più) e perfino l’autore del logo con l’asinello sorridente. So che, nella loro mente, il Palio voleva essere un evento sociale che divertisse il paese e rafforzasse la sua identità facendo appello ai vari quartieri-rioni che lo rappresentano. Di certo, quarant’anni fa, non esisteva la sensibilità animalista di oggi. Si parlava già della crudeltà delle corride (che si concludevano sempre con il sacrificio della vita del toro) e delle violenze del Palio di Siena (dove incidenti, anche mortali, hanno coinvolto diversi cavalli, costretti a correre come pazzi su una pavimentazione del tutto inadatta alle loro caratteristiche). La tua denuncia ci porta a un livello diverso di consapevolezza e sensibilità nei confronti degli animali. Richiede rispetto anche psicologico, se così si può dire, per queste bestiole docili e dolci. E invita a riflettere sul messaggio educativo (o diseducativo) inespresso nei loro confronti. Non posso far altro che estenderla a tutti i lettori.