L'editoriale

Le luci accese del vicino e lo Stato educatore

Risparmiare energia diventa importante per tutti, ma il problema è definire i consumi indispensabili e quelli che lo sono meno: chi fissa l'asticellla?
Gianni Righinetti
10.10.2022 06:00

La pioggia e le temperature più fresche, unitamente alle giornate più corte, in attesa dello spegnimento dell’ora estiva agendata per la fine del mese, ci hanno proiettati in autunno. La stagione dell’accensione del riscaldamento è ormai scattata anche se, contrariamente al passato, si è cercato di rinviarla il più possibile sperimentando sulla pelle quei 19 gradi al massimo che magari non permettono più di stare in casa in maglietta ma richiedono il supporto della manica lunga, quando non della felpa. L’imperativo per tutti è «risparmiare» e il termine ha un’accezione ampia come non mai dato che abbraccia il fattore chilowattora e quello strettamente legato alla salvaguardia del contenuto del nostro borsellino. La sfida ci concerne tutti ed è giusto che ognuno impari ad affrontarla in base alla sua coscienza, al suo modo di vivere e di essere cittadino responsabile, ma (per fortuna) intellettualmente indipendente. Va ammesso che il risparmio energetico non è mai stato nelle corde della nostra società per due semplici, quanto innegabili, fattori. L’energia ha avuto storicamente un costo moderato e illuminare è diventato una sorta di status symbol a livello privato e pubblico, senza dimenticare che da sempre ciò che emana luce è ritenuto vivo, contrariamente a tutto ciò che resta al buio. Ora ci viene chiesto di spegnere tutto ciò che non è indispensabile resti acceso. Un’affermazione che oggi va per la maggiore, quasi sia un qualcosa di incontestabile e scientifico al punto che, anche solo muovere un appunto, rischia di farti inondare di critiche ed epiteti da parte dei maestri del politically correct.

Il problema è definire fino a dove si spinge il confine dell’indispensabile e chi è preposto a piazzare l’invalicabile paletto. In una società che si vuole realmente liberale non si possono mettere recinzioni ovunque. Nel nostro piccolo è buona cosa che ogni cittadino si dia da fare per risparmiare in nome del senso della responsabilità individuale, perché da una parte dobbiamo credere a chi prevede penuria e magari blackout, ma anche perché la bolletta di certo non mente. E questo anche se tra i macromeccanismi che stanno alla base della formazione del prezzo dell’energia non manca di certo la variabile speculativa che tende ad essere un po’ nascosta dietro alla reale incertezza geopolitica di questi difficili tempi.

Il criterio dell’indispensabile rischia poi di finire in cortocircuito con quello del sufficiente. È vero che il mare è composto da molte gocce, ma per fare un litro d’acqua ne servono tante. E allora: cosa conviene spegnere per non ragionare solo in quantità impercettibili? La grande moda è mettere su «off» i simboli d’ogni genere (vedi servizio a pagina 2), ma questo appare più che altro un ragionamento di facciata. Certamente il celebre getto d’acqua della città di Ginevra consuma energia, ma poi ci sono situazioni che quantomeno ci interrogano come cittadini. Su Palazzo federale da qualche tempo si sono spente le luci e la cosa colpisce perché lo storico edificio di Berna al calar della sera ha perso il suo fascino. Nulla di grave, ci si può convivere senza psicodrammi o cadere in depressione. Ma poi accade che nello stesso tempo sull’antistante Piazza federale gli zampilli d’acqua che fuoriescono generando un piacevole ballo dai 26 fori (tanti quanti i Cantoni svizzeri) dell’elegante tappeto di granito proseguono incessantemente fino alle 23, quando nell’autunno della Capitale federale non si trova più anima viva. È solo un esempio, ognuno di noi ne potrebbe trovare a decine, magari anche solo osservando quante luci tiene accese il vicino di casa che, giammai, oserà pure mettere una ghirlanda di luci led sul balcone per Natale. Occorrerà stare attenti anche alla luce che io accendo e che una terza persona riterrà «superflua»?

Diciamo no allo Stato educatore, quello che si è spinto anche a suggerire la doccia in coppia, mentre un forte sì alla libertà di agire secondo la nostra coscienza. Anche così si otterrà il risultato sperato, senza generare tensioni e attriti che ci costerebbero tanta energia d’ordine psicofisico. Potremmo chiamarlo senso della misura.