Il commento

Lettera ad un amico ebreo

Esprimo la mia preoccupazione per le reazioni che vedo e sento e mettono in evidenza due pericolosissimi aspetti: la giustificazione della violenza criminale e il risveglio dell’antisemitismo
Tito Tettamanti
Tito Tettamanti
03.11.2023 06:00

«Lettera ad un amico ebreo» è il titolo di un libro di Sergio Romano, diplomatico italiano, storico e saggista. L’amico è Dan Segre, esponente poliedrico del mondo ebraico con le sue diverse attività, oggi scomparso, con il quale ho avuto il piacere di collaborare. Romano e Segre hanno dibattuto sul libro in un incontro da me.

La tesi di Romano è che il genocidio sofferto dagli ebrei è un fatto storico gravissimo ma che come ogni fatto storico, con il tempo è destinato a «passare in seconda fila» negli archivi della Storia. Non può essere questo l’argomento, un imperituro diritto del mondo ebreo per chiedere un trattamento privilegiato. Di simile opinione un autore ebreo, Abraham Burg, già presidente del parlamento israeliano. Pur comprendendo le preoccupazioni di Romano, di non creare un ostacolo permanente che influenzi e condizioni futuri colloqui ed accordi, non condivido completamente il suo parere. Per me l’olocausto – pur non dimenticando altri genocidi – è un’onta per l’Umanità e per le sue dimensioni e la glaciale organizzazione lo sarebbe stato anche se diretto verso altre vittime. Che nel pieno del secolo scorso uomini coscienti (i volonterosi aiutanti di Hitler) abbiano collaborato a mettere a morte gli ebrei quale razza, anche se appartengono a più razze, è inaccettabile, angoscioso, rivoltante, pericolosamente preoccupante. Indipendentemente da chi fossero le vittime una vergogna che degli esseri umani possano essere stati capaci di gasificare mortalmente con insensibilità raccapricciante milioni di altri esseri umani quali bestie al macello. Abbiamo conquistato la palma della crudeltà nell’ambito del regno animale.

Ora questa stessa bestiale crudeltà, anche se in proporzioni molto più modeste, si è sfogata da parte dell’Hamas su dei civili inermi, colpevoli solo di essere ebrei, con decapitazioni, stupri e la cattura di ostaggi. Tipico modo d’operare del terrorismo fanatico, conosciuto anche in Europa nei numerosi brutali attacchi a matrice islamica, il che non ci deve fare commettere l’errore di vedere in ogni islamico un terrorista.

I rapporti tra il mondo arabo e Israele sono sempre stati tesi, vi sono state guerre e sicuramente eccessi da entrambe le parti. Ma se vogliamo cercare di dare un giudizio equilibrato non possiamo dimenticare che lo Stato d’Israele esiste perché riconosciuto dalle Nazioni Unite (voto iniziale del 29.11.1947, proclamazione del maggio 1948, membro dell’ONU dall’11 maggio del 1948). All’indomani dell’ammissione Egitto, Libano, Iraq e Giordania si opposero e dichiararono guerra ad Israele, guerra che però persero.

Oggi tutti si prodigano a dare consigli e suggerire soluzioni. Non lo faccio perché mi mancano conoscenza e competenza. Per contro esprimo la mia preoccupazione per le reazioni che vedo e sento e mettono in evidenza due pericolosissimi aspetti: la giustificazione della violenza criminale e il risveglio dell’antisemitismo.

Che un professore dell’Università di Berna affermi che l’aggressione terroristica dell’Hamas gli ha addolcito il compleanno, fa capire come il fanatismo sfoci nel cretinismo puro, ma che il Segretario delle Nazioni Unite Gutierrez, sia pure in modo circonvoluto, giustifichi l’atto terroristico con il pretesto di 57 anni di sofferenze dei Palestinesi, dimostra quanto egli sia inadeguato al suo compito. Non da meno sono quegli Stati (Svizzera compresa, ma non Germania, Italia, Olanda e altri che si sono astenuti) che hanno votato a maggioranza la risoluzione dell’ONU che evita di condannare l’aggressione terroristica dell’Hamas. Nell’UE von der Leyen giustamente deplora l’Hamas mentre Borel, il Ministro degli Esteri dell’Unione la critica, formalmente per ragioni di procedura, ma sostanzialmente perché la pensa diversamente e con lui il Presidente Michel. Non stupiamoci nel quadro della confusione europea, ma preoccupa. Purtroppo correnti della sinistra per troppo tempo si sono schierate e hanno sostenuto e sollecitato finanziamenti per organizzazioni palestinesi, volendo ignorarne la connivenza con le frange terroriste. La consigliera federale Calmy-Rey, che si è oggi ricreduta, a suo tempo ha influenzato una politica svizzera di indiscriminato sostegno finanziario, nell’ordine di milioni, che hanno contribuito ad alimentare il terrorismo. Lo stesso mondo ha simpatizzato a suo tempo anche per le Brigate Rosse e la RAF tedesca ed i loro crimini, parteggiando per gli eccessi di ogni atteggiamento antiautoritario.

Sul fronte dell’antisemitismo agitate riunioni di piazza antiebree in Paesi europei, con cartelli che paragonano gli israeliani ai nazisti. Gli ebrei ricominciano a provare delle paure e ricordare le discriminazioni del passato. Molte organizzazioni di studenti americani hanno espresso la loro solidarietà ad Hamas e celebrano il 7 ottobre come il successo dei Palestinesi ignorando il terrorismo Hamas, il tutto nell’assordante silenzio delle loro Università. Nel mondo intellettuale si cumulano in modo preoccupante le espressioni di solidarietà per i Palestinesi, dimenticando Hamas. Critiche anti israeliane, che ignorano completamente l’atto con il quale i terroristi hanno massacrato israeliani inoffensivi con crudeltà. La violenza contro persone inermi e indifese è spregevole e codarda. Chi la giustifica ne diventa complice.

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