L'impasse dell'asilo

Chi non ricorda il celebre quadro di Hodler? Un roccioso e rabbuiato Guglielmo Tell con la sinistra impugna una balestra e con la destra leva minaccioso il palmo aperto della mano ad intimare l’altolà allo straniero. Un antico riflesso che perdura. Un esempio? La legge impone alle diverse regioni svizzere di contribuire alla soluzione del problema dell’asilo ospitando un centro federale. La Svizzera centrale si oppone fieramente al previsto Centro di asilo permanente a Buosingen, vicino ad Arth nel Canton Svitto, Centro che dovrebbe ospitare 170 richiedenti l’asilo. Dopo aver cercato a lungo il dialogo con la popolazione del Cantone (in novembre l’ex segretaria di Stato della migrazione Christine Schraner Burgener ha compiuto proprio ad Arth l’ennesima, infruttuosa missione di convincimento prima di lasciare la SEM), Berna ha deciso di tirare dritto aprendo il concorso per il progetto di costruzione. Il nuovo segretario di Stato della migrazione Vincenzo Mascioli riuscirà ad aver ragione dei riottosi svittesi? Un’iniziativa dell’UDC chiede al Governo cantonale di rifiutare la costruzione e gli oppositori sono numerosi e agguerriti. Il nuovo presidente nazionale UDC (il consigliere nazionale Marcel Dettling) cavalca l’onda con toni spregiudicati: «Le città sono favorevoli ai centri per asilanti: se li tengano. E già che ci siamo… gli mandiamo anche un paio di lupi». Per la SEM è assai difficile dialogare con chi usa toni simili. Nell’incontro con la popolazione, Schraner-Burgener non ha negato che i centri per richiedenti l’asilo pongono anche problemi, ma ha assicurato che la struttura di Buosingen (che non sarà operativa prima del 2030) sarà rigorosamente controllata e la libera uscita sarà consentita solo durante il giorno. Le autorità cantonali e comunali sono già riuscite ad ottenere una mezza vittoria: il progetto prevedeva una struttura per 340 richiedenti l’asilo, capienza ora dimezzata.
Ma le manifestazioni ostili non si placano. Schraner Burgener è stata accolta con scritte come «Remigrazione, non centri federali per l’asilo» e con sfilate dei «campanari della libertà», assurte dopo la COVID a simbolo della resistenza antistatale. Il nuovo capo della SEM è confrontato con un compito assai difficile perché gli irriducibili abitanti di Svitto non sono un episodio marginale del problema. L’asilo è tornato ad essere tema centrale della politica svizzera, con il capo del Dipartimento Beat Jans sottoposto a crescenti critiche di inazione e la diffusione del malcontento anche in altri, grandi cantoni. Il consigliere di Stato zurighese Mario Fehr ha scritto una lettera di fuoco a Jans comunicando che Zurigo non intende più dare accoglienza a famiglie numerose ucraine provenienti da regioni non teatro diretto di guerra. Il Canton Berna (la Direzione per l’integrazione) ha rincarato la dose nelle scorse settimane, sottolineando che «occorre porre fine a questo turismo tramite lo statuto di asilo». Nei mesi scorsi anche il Canton San Gallo aveva scritto a Beat Jans segnalando il rischio di «un collasso del sistema». Al di là delle campagne partitiche, il problema è reale. Per il 2025 la SEM prevede circa 24.000 nuove domande d’asilo e circa 17.000 nuove domande di protezione. Se la Confederazione non riesce a sbrigare la mole di domande per tempo, Cantoni e Comuni pagano le conseguenze. La responsabile dei progetti di integrazione di San Gallo Claudia Nef descrive una situazione preoccupante: «Abbiamo 1.200 persone in attesa. Novecento sono in procedura e 300 in attesa di uno statuto S. A questa gente dobbiamo dare un tetto, scuole e servizi sanitari». Anche a San Gallo si denunciano problemi per lo statuto S, in particolare il va e vieni di gruppi di nomadi con passaporti ucraini che lasciano la Svizzera in primavera e si ripresentano in inverno. Trovare alloggi soprattutto per famiglie numerose è difficile. Non solo Zurigo, San Gallo e Berna chiedono spazientiti a Beat Jans di agire, ma ormai anche il Parlamento federale. Una mozione di Esther Friedli (UDC) che chiede di limitare lo statuto S ai rifugiati ucraini di regioni direttamente colpite dal conflitto armato è stata accettata. In un’altra mozione («Pacchetto per accelerare le procedure dell’asilo»), la Commissione delle finanze degli Stati rimprovera alla SEM mancanza di volontà di agire. Elaborata dal sangallese del Centro Benedikt Würth, la mozione non si limita a criticare; presenta «una serie di misure regolatorie e tecniche» e interventi mirati che tengono conto della situazione particolare di alcuni Paesi di provenienza considerati «sicuri», misure che non comporterebbero aumenti di personale. Di fronte alla posizione considerata recalcitrante del Dipartimento di Beat Jans, la Commissione delle finanze degli Stati esorta il Governo, «a otto anni dall’ultima riforma della politica d’asilo», a rimettersi all’opera. La politica a tenaglia di Cantoni e Parlamento riuscirà a far uscire l’asilo dal vicolo cieco?