Turchia-siria

L’impotenza europea nel Medio Oriente

L’editoriale di Ernesto Galli della Loggia
©AP Photo
Ernesto Galli Della Loggia
Ernesto Galli Della Loggia
19.10.2019 06:00

Indecisa a tutto: sembra essere questo il motto dell’Unione europea quando si tratta di politica estera. E ad ogni nuova crisi questa indecisione si colora di nuovi particolari che rivelano come lungi dall’essere casuale essa sia il frutto coerente di scelte che vengono da lontano. Ad esempio, a proposito della recente invasione della Siria da parte della Turchia, siamo adesso venuti a sapere che per quel che riguarda la vendita di armi, l’Unione in quanto tale non ha alcuna competenza. Ogni Paese è autorizzato a decidere per conto proprio: il che, lo si capisce facilmente, non è la premessa ideale per avere una politica estera comune. Di fronte a notizie simili uno si chiede davvero che cosa esista a fare da anni un alto rappresentante dell’UE per la politica estera se non ha neppure mai pensato a porre con forza questo problema chiedendo che si cambiasse strada. L’impotenza europea nella crisi turco-siriana ha tuttavia qualcosa di particolare. Rivela un aspetto importante ma rimasto finora nell’ombra della visione generale che ha sempre ispirato il modo d’essere dell’Unione. E cioè la profonda estraneità, innanzitutto psicologica e culturale, da parte dei Paesi dell’Europa centrale verso il Sud del Continente.

Un’estraneità psicologico-culturale che si traduce nell’incomprensione non solo delle necessità e peculiarità dell’Europa meridionale ma specialmente del valore strategico del Mediterraneo e di quanto accade sulle sue sponde. È evidente che quando parlo d’Europa centrale parlo principalmente della Germania. Ora, a differenza della Gran Bretagna, la quale nell’ottica mondiale con cui ha costruito per tre secoli la propria storia ha sempre considerato il Mediterraneo uno spazio cruciale per il suo progetto imperiale, facendo di tutto per conservarne il dominio, la Germania non ne ha mai compreso realmente il valore geopolitico. Il caso più clamoroso fu nel 1941 quando, fortunatamente per le sorti del genere umano, il Reich nazista pensò che per chiudere la partita con la Gran Bretagna dopo la grande vittoria sulla Francia fosse meglio muovere all’attacco dell’Unione Sovietica e così togliere a Londra l’ultima speranza di trovare un alleato in Europa, anziché gettare tutto il peso del proprio apparato militare in Africa settentrionale e nel Mediterraneo, contro le truppe e la flotta britanniche. La cui più che probabile sconfitta avrebbe non solo completamente isolato la Gran Bretagna dai suoi possedimenti e da quasi l’intero Commonwealth, ma avrebbe consegnato all’Asse il dominio su territori vastissimi ricchi di una materia prima preziosissima come il petrolio. Scegliendo lo scontro con la Russia di Stalin si sa invece come andò a finire. Ancora oggi la Germania tende in grande misura a rivolgere la propria attenzione soprattutto a est e quindi a sovrapporre sugli orientamenti dell’UE il proprio storico interesse e/o timore per quanto accade sulla frontiera orientale dove continua ad affacciarsi la presenza russa.

Per l’Europa a guida tedesca l’estraneità nei confronti del Sud e l’incomprensione del valore del Mediterraneo hanno significato il virtuale disinteresse verso il confine meridionale dell’Unione, il confine marittimo prospiciente il Maghreb, l’Africa, il Medio Oriente. Ciò che accade in questi scacchieri non sembra suscitare a Bruxelles - bisognerebbe dire a Berlino e di conseguenza a Bruxelles - neppure la metà dell’attenzione e preoccupazione che suscita quanto avviene in Crimea, in Ucraina o nel Baltico. Ad esempio, mentre l’immigrazione terrestre via Balcani allarma grandemente la Germania e pur di fermarla l’ha spinta a promuovere la donazione di 5 miliardi di euro da parte dell’UE alla Turchia di Erdogan, la stessa immigrazione, ma attraverso il Mediterraneo via Italia, Malta e Spagna, non sembra suscitare un interesse minimamente paragonabile. Lo stesso può dirsi per quanto sta accadendo in Medio Oriente. Nella sua radice l’impotenza europea cui stiamo assistendo è in buona parte un’impotenza tedesca. Più precisamente il frutto di un drammatico errore di percezione e della difficoltà di una scelta. In quel teatro di operazioni, infatti, le sanzioni economiche che più o meno funzionano con la Russia non servono. In Medio Oriente con ogni evidenza alla politica estera servono le armi e un esercito: se non altro come strumento di minaccia. Ma a Berlino come a Bruxelles armi ed esercito continuano ad essere un tabù.