Nella mente contorta di chi racconta balle
Ermanno Cavazzoni delinea, nel suo romanzo "Il grande bugiardo", la storia vera di un mentitore patentato, un manipolatore patologico che escogita le sue mosse, per irretire due ragazze che frequenta in contemporanea, colpevoli di essersi fidate di lui, l'una ignara dell'esistenza dell'altra. Fin qui nulla di originale, considerando che la poligamia, per alcuni, è la normalità. Il caso invece s'infittisce di bugie, che il protagonista costruisce come il ragno nella ragnatela, in un turbinio di inganni. Portando all'estremo le azioni mascherate del bugiardo, con la schiettezza che contraddistingue Ermanno Cavazzoni, descrivendo le menzogne del protagonista dalle sub personalità, il romanzo è il racconto di una storia vera, di ciò che Cavazzoni considera essere "la vera realtà". Percorrendo i comportamenti del pericoloso camaleonte sociale mascherato, che si mimetizza a dipendenza dei suoi bisogni e dei suoi interessi, il romanzo riflette i comportamenti di chi è affetto da mitomania, anche detta pseudologia fantastica, persone dominate anche da dongiovannismo (classico sintomo degli uomini insicuri con bassa autostima). Il romanzo non parla però dei single impegnati, o dei vedovi con le mogli vive, che pullulano sui social, scorrazzando in cerca delle prede, fingendosi bravi ragazzi. Nel caso di chi nasconde il suo stato civile, spacciandosi per single quando non è vero, o di chi si impossessa di identità di altri, il Codice penale italiano (quello svizzero sull'argomento è lacunoso) parla di sostituzione di persona, un reato punibile penalmente. Cavazzoni che non si smentisce mai, mantiene una certa distanza nei confronti delle bugie ma non si esime dall'esprimersi sul personaggio, con la sua voce narrante, quando gli dà del "povero disgraziato, con la faccia tosta dell'impostore", un povero verme in un frutto sbagliato, un narcisista deprecabile e fatuo, uno che si barcamena, raccontando e inventando una sfilza di falsità. L'anima del bugiardo è spesso intrisa di perfidia, come se provasse godimento nel raccontare bugie. Considerate delle patologie, la bugia e le frottole compulsive sono annoverate nei disturbi della personalità, classificando il mentitore seriale come un soggetto che distorce la realtà a suo vantaggio. Sarà stata la comicità di Carlo Goldoni, quando scrisse la commedia "Il bugiardo", a diffondere l'idea che raccontare bugie ha il fascino della comicità. Ma "le spiritose invenzioni", come le definisce il protagonista goldoniano, purtoppo hanno gravi ripercussioni su chi le subisce e su chi non familiarizza con i bugiardi perché è come giocare a Poker con dei bari professionisti. Va rilevato anche che la strategia della menzogna, per le organizzazioni criminali, è un'arma potentissima con la quale fondano la loro esistenza. Oltre a ciò viviamo nell'epoca dei millantatori istituzionalizzati.