Promozione del tedesco e buona politica
Credo che a tutti sia capitato un capo che prende una decisione, magari all’apparenza buona, senza però aver ben valutato le cose; di solito tocca poi ai sottoposti lavorare come matti per salvare il salvabile, ricevendo in cambio non complimenti bensì rimbrotti per non essere riusciti a mettere in pratica le sue idee. Arrogante e spesso incapace, è uno dei superiori peggiori che si possano avere.
L’atteggiamento della maggioranza della commissione che ha proposto di anticipare l’insegnamento del tedesco in prima media è simile: nessuno mette in dubbio motivazione e scopo (migliorare l’apprendimento di questa lingua); tuttavia dalla politica si deve pretendere che prima di proporre qualcosa si valutino bene i pro e i contro, le conseguenze e le possibilità/difficoltà di attuazione. Cosa che in questo caso non è stata fatta, visto che non sono stati effettuati gli approfondimenti necessari per capire se anticipare il tedesco in prima media sia una misura efficace, né in che modo possa essere inserita nell’attuale griglia oraria.
Perché su una cosa tutti sono d’accordo: aumentarla dalle attuali 33 ore settimanali a 35 non è possibile, per cui bisognerà sacrificare qualcosa. Cosa naturalmente gli autori della proposta sono silenti (Italiano? Altre lingue straniere? Materie scientifiche?… il mercato è aperto), ben consci delle difficoltà di far quadrare il cerchio. Poco importa però: tanto a trovare la soluzione “ci penseranno i tecnici”, è stato affermato.
Come volevasi dimostrare: la politica, per lo meno questo modo di far politica, vive di proclami e proposte improvvisate scaricando sugli altri la ricerca di soluzioni, il superamento delle difficoltà e la responsabilità degli eventuali fallimenti, esattamente il contrario di quello che un buon politico (un buon capo) dovrebbe fare.
Nessuno mette in dubbio la necessità del tedesco per i ticinesi. Si deve però notare che lo si imparava, e bene, pure quando questa lingua veniva insegnata a partire dalla quarta ginnasio (quarta media), e che pure gli allievi attuali non se la cavano male, a dimostrazione che a fare la differenza non è la somma aritmetica degli anni di studio, ma la loro qualità. Ed è in questo senso che la politica, quella vera, dovrebbe impegnarsi, istituendo le condizioni-quadro affinché gli insegnanti possano svolgere al meglio il loro lavoro, e gli allievi di conseguenza apprendere; il resto sono quisquilie, pinzillacchere, che durano lo spazio di una elezione e che sicuramente non giovano ai nostri ragazzi.
Rocco Bianchi, candidato al Gran Consiglio per il PS