Alla vera ricerca della felicità
"Quando a cinque anni a scuola mi domandarono come volessi essere da grande, io scrissi «felice». Mi dissero che non avevo capito il compito, e io dissi loro che non avevano capito la vita." Non so se l’aneddoto raccontato da John Lennon sia vero oppure sia il frutto di un ragionamento fatto da adulto e poi traslato alla sua infanzia (nel primo caso andrebbe rivalutata la sua figura che passerebbe da quella di grande rockstar a saggio del livello di sant’Agostino, Khalil Gibran e Gandhi – cosa che non credo sia vera, soprattutto dopo aver parlato e letto molto di lui che è stato sì uno straordinario artista dotato di grande sensibilità ma anche un uomo zeppo di contraddizioni e di palesi difetti). Sta di fatto che però questa frase a lui attribuita sintetizza molto più di altre il significato e il fine ultimo della vita. Ovvero la ricerca della felicità. Alla quale tutti bramiamo anche se con modalità e secondo dinamiche che variano da persona a persona. Per un bambino nella cui casa non c’è l’acqua corrente e che è costretto ogni giorno a fare chilometri a piedi per approvvigionarsene, la felicità potrebbe infatti avere il semplice volto di un rubinetto che magari, ogni tanto, sgorga il prezioso liquido anche caldo. Per chi vive da sempre in un campo profughi potrebbe essere rappresentata dalla libertà di muoversi e di andare tranquillamente dove vuole, senza costrizione alcuna. Per un disoccupato o un sottoccupato potrebbe avere il volto di un lavoro stabile che gli permetta di arrivare alla fine del mese senza eccessive preoccupazioni. Per chi, come molti di noi, ha invece a disposizione tutto ciò che serve per la sua quotidianità, il concetto potrebbe spostarsi invece su altri terreni, meno materiali e più spirituali: un amore ricambiato, armonia nei rapporti interpersonali e così via. Il concetto di felicità insomma cambia, non solo a seconda dell’individuo, ma anche del tempo: quello che ci rendeva felici in un determinato periodo della nostra vita, in un altro non basta o viceversa: spesso, infatti, quando l’età avanza, le necessità si riducono e per essere felici basta un piccolo gesto, una sensazione o semplicemente un pizzico di tranquillità. Quello che però non cambia, in ogni angolo del mondo o in ogni situazione, è tuttavia qualcos’altro. Ossia il fatto che nessuno, anche nelle condizioni più ideali, può dirsi veramente felice se attorno a sé vede qualcosa che non va, che si tratti di una palese ingiustizia, di un dolore o di una situazione che mette in pericolo o in ambascia qualcun altro. Perché la felicità è anche e soprattutto condivisione. Se non c’è questa la felicità, quella vera, non può esistere. È solo egoismo mascherato.